
Di Patrizia Caiffa
L’Italia è ancora il “Paese dei campi” per le persone di origine rom, anche se è in atto un forte calo delle presenze e sono sempre più le amministrazioni che puntano all’. Oggi si stimano circa 11.100 rom e sinti in Italia che vivono in insediamenti monoetnici, pari allo 0,02% della popolazione italiana, con 21 comunità rappresentate. La riduzione complessiva è di circa 14.900 presenze rispetto al 2016, ossia -53%. La Strategia Nazionale di uguaglianza, inclusione e partecipazione di Rom e Sinti 2021-2030 aveva invece stimato le presenze intorno alle 30.000 persone, con un calo di circa 10.000 unità nell’arco di un decennio. Secondo l’Associazione 21 Luglio queste cifre “non sarebbero esatte”, ossia risultano sovrastimate, creando allarmi e pregiudizi. È quanto emerge dall’attività di monitoraggio e raccolta dati condotta nel 2024 da Associazione 21 Luglio, che ha presentato oggi in Senato la nona edizione del Rapporto annuale 2024 sulla condizione delle comunità rom e sinte in Italia, intitolato “Bagliori di speranza. La condizione delle comunità rom e sinte in Italia”. L’iniziativa è della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato, in occasione della Settimana per la promozione della cultura romanì e per il contrasto all’antiziganismo e all’indomani della Giornata internazionale dei rom, sinti e camminanti, che si celebra l’8 aprile.

(foto: Associazione 21 luglio)
L’Associazione 21 luglio denuncia perciò “l’infelice primato” dell’Italia in Europa, perché “dedica maggiori risorse, sia umane che economiche, alla gestione di strutture abitative con un chiaro profilo discriminatorio”. “Nonostante gli sviluppi degli ultimi anni – si legge nel rapporto – sia dal punto di vista politico che di autonoma spinta alla fuoriuscita degli stessi abitanti”
l’Italia “stenta a distaccarsi in modo unanime e deciso dalle politiche abitative segregative che hanno caratterizzato gli ultimi quarant’anni”.
Secondo il rapporto circa 10.580 sarebbero i rom e sinti che vivono in baraccopoli e macroaree. Nelle 64 macroaree vivono 4.931 sinti; nelle 38 baraccopoli vivono 5.649 rom. 102 sono gli insediamenti formali all’aperto (baraccopoli e macroaree) in Italia, presenti in 75 comuni e in 13 regioni. 2.000 circa sono i rom stimati presenti nelle baraccopoli informali. Attraverso il portale www.ilpaesedeicampi.it è possibile acquisire in tempo reale dati aggiornati sui 106 insediamenti monoetnici formali abitati da persone rom e sinte in Italia.
Le più grandi baraccopoli formali sono concentrate a Napoli e a Roma. Napoli è la città nella quale è presente la più alta concentrazione di rom in emergenza abitativa. In Italia esistono 2 centri di accoglienza riservati esclusivamente a persone rom nei Comuni di Latina e Napoli che ospitano in totale 150 persone rom. La più grande area di edilizia residenziale pubblica monoetnica è in Calabria, nel Comune di Gioia Tauro.

(foto: Associazione 21 luglio)
L’aspettativa di vita di quanti vivono nelle baraccopoli è di almeno dieci anni inferiore a quella della popolazione italiana. Il 55% dei residenti ha meno di 18 anni.
Dei rom e sinti presenti negli insediamenti istituzionali si stima che circa il 65% abbia la cittadinanza italiana.
Sono meno di 1.000 i cittadini rom in emergenza abitativa a forte rischio apolidia in Italia.
Sempre più percorsi di uscita dai campi. I dati evidenziano inoltre come il superamento del “sistema campi” sia ormai un processo irreversibile. Da un lato, si legge nel report, “si assiste a un crescente desiderio delle nuove generazioni di intraprendere percorsi di uscita autonoma, accompagnato dall’abbandono e dal degrado dei principali mega insediamenti, che spinge le famiglie a cercare soluzioni abitative alternative. Dall’altro sempre più amministrazioni comunali e regionali, riconoscendo il fallimento del ‘sistema campi’” stanno “investendo risorse e attuando politiche orientate al superamento del sistema e all’inclusione”.
“In atto un processo di superamento dei campi rom”. “Come quasi mezzo secolo fa, con la Legge Basaglia, si iniziava il processo di superamento della realtà manicomiale, così oggi è in atto in Italia il processo di superamento di un’altra istituzione totale, quella dei campi rom”, ha dichiarato Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 Luglio, che ha ricevuto di recente dal presidente Sergio Mattarella l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana, “per supportare persone e gruppi in condizione di estrema segregazione e discriminazione”. Stefania Pucciarelli, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato, ha ribadito che “l’integrazione culturale è un percorso bidirezionale che richiede impegno sia da parte delle comunità ospitanti che da quelle ospitate”.
“Lo stigma, il pregiudizio” nei confronti dei Rom e Sinti “sono un vissuto reale entrato anche nell’atteggiamento della comunità ecclesiale, a parte alcune eccezioni di persone che hanno abbattuto il muro di separazione – psicologico, prima che fisico, e relazionale – che si sono trasferite a vivere in mezzo alle comunità rom”, ha detto monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliario della diocesi di Roma. Il vescovo ha raccontato dell’esperienza di comunità ecclesiali “che accolgono le comunità rom che lavorano come centri di ascolto e danno una risposta emergenziale a bisogni primari”, una sorta di “desk di pronta accoglienza”. Da questa “pronta accoglienza – ha osservato – si realizzano spazi interlocutori e di una relazione più allargata, di un maggior contatto”. Monsignor Ambarus ha invitato a “fondare questa azione su alcuni elementi: veicolare un linguaggio altro è il primo di questi elementi, che parta non dall’etnicità ma dalla fratellanza. Reputo che nelle comunità cristiane ci sia lo spazio più adatto per lavorare sul linguaggio”, perché esso “imprime anche un comportamento, plasma le azioni”. “Per me queste persone sono un insegnamento di vita”, ha concluso.
Carlo Stasolla – (foto: Associazione 21 luglio)
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