Marina Marziale

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La professoressa Marina Marziale, dirigente dell’istituto di Istruzione Superiore “Antonio Guastaferro” di San Benedetto del Tronto, offre una riflessione sulla difficoltà di costruire un’alleanza educativa tra scuola, famiglia, parrocchia e società. Parla dei cambiamenti nel ruolo dei genitori, dell’aumento della fragilità nei giovani e della necessità di modelli di riferimento autorevoli. L’intervista esplora anche le nuove sfide che i ragazzi affrontano oggi e le risposte che la scuola può offrire per supportarli.

In che modo si può ricostruire un’alleanza educativa tra scuola, parrocchia, famiglia e società? Quali strategie possono favorire questa sinergia?
La nostra società ha bisogno che i giovani crescano in un ambiente che trasmetta valori chiari e univoci. Purtroppo, negli ultimi anni abbiamo assistito a una disgregazione dell’alleanza che univa scuola, parrocchia, famiglia e società. I messaggi che provengono da queste istituzioni educative sono discordanti e questo fa sì che i ragazzi non si fidino più di nessuno. I giovani, molto sensibili, spesso vedono tutto in bianco e nero e quando percepiscono messaggi contraddittori da parte degli adulti, reagiscono con il rifiuto. È essenziale ricostruire una sinergia corretta, un impegno che richiede la fiducia reciproca nelle competenze degli altri. Ogni agenzia educativa dovrebbe prendersi una sorta di “esame di coscienza collettivo”, comprendendo le proprie prerogative e collaborando attivamente con gli altri, affidando così un ruolo importante a tutti i soggetti coinvolti nella crescita dei nostri ragazzi.

Come è cambiato il ruolo dei genitori negli ultimi anni? In che modo le nuove difficoltà incidono sulla loro capacità educativa? Si nota un prolungamento dell’adolescenza anche tra gli adulti?
Il ruolo dei genitori è sicuramente cambiato: oggi, spesso, assistiamo alla tendenza di padri e madri a voler assumere un ruolo amicale, cercando l’approvazione dei figli piuttosto che essere guide, pronte a ascoltare, comprendere e porre limiti. Molti genitori, infatti, temono il conflitto e, per evitare di suscitare tensioni, evitano di imporre regole su temi delicati come l’uso del cellulare, i social, le uscite serali o l’uso di sostanze. L’atteggiamento di tolleranza spesso nasce dal desiderio di non apparire autoritari, ma rischia di generare una sensazione di impotenza. Un tempo, il ruolo di genitore era socialmente riconosciuto e quella distanza tra genitore e figlio, seppur talvolta difficile, era funzionale alla crescita di entrambi. Oggi, invece, alcuni genitori sembrano restare ancorati alla fase di “figlio”, non riuscendo a fare il passaggio al ruolo adulto, assumendosi pienamente la responsabilità di educare.

Qual è la percentuale di famiglie separate nella comunità scolastica? In che misura questo influisce sul percorso educativo degli studenti?
Non posso fornire una percentuale esatta, ma posso dire che molte delle problematiche riscontrate sono legate a famiglie conflittuali, sia in caso di separazione che in contesti apparentemente “normali”. La conflittualità che i ragazzi vivono a casa incide fortemente sui loro comportamenti e sul rendimento scolastico. Quando esaminiamo il percorso educativo degli studenti con maggiori difficoltà, in quasi tutti i casi rileviamo situazioni di tensione familiare. Per questo motivo, nel nostro istituto da anni è attivo un servizio di supporto psicologico, che aiuta gli studenti a esprimere le loro difficoltà e a cercare soluzioni concrete, su segnalazione dei consigli di classe o su richiesta degli stessi studenti, previa autorizzazione familiare.

Si osserva un aumento della fragilità nei giovani? Quali sono i principali segnali di questa tendenza?
Sì, assistiamo a una fragilità crescente tra i giovani. I ragazzi oggi fanno molta fatica a progettare il proprio futuro, una difficoltà che alimenta la loro fragilità. Spesso, non riescono nemmeno a esprimere i loro sogni e desideri, e questo li rende vulnerabili. Un altro segnale di fragilità è la difficoltà a parlare delle problematiche che affrontano, come il bullismo o il cyberbullismo. Molti genitori non sono consapevoli delle difficoltà dei figli o, peggio, li difendono senza permettere loro di affrontare le difficoltà in autonomia, impedendo così una crescita emotiva e personale. Noi, come educatori, abbiamo una grande responsabilità: proteggere troppo i ragazzi da ogni difficoltà li rende incapaci di affrontare e superare gli ostacoli. Quando escono da contesti protetti, come nel passaggio alla scuola superiore, la fragilità esplode, manifestandosi in ansia, depressione, dipendenza da internet e altre problematiche.

I giovani di oggi sono realmente diversi dalle generazioni precedenti o hanno semplicemente bisogno di guide autorevoli e di riferimento?
Sicuramente i giovani di oggi sono diversi, soprattutto a causa dei cambiamenti nei mezzi di comunicazione e nei modi di relazionarsi. L’uso di smartphone e social media ha trasformato la modalità di interazione, rendendo più difficile per i ragazzi conoscere veramente gli altri. Si sentono soli, pur avendo migliaia di “amici” online, ma queste interazioni non nutrono la loro autostima. Tuttavia, non credo che i ragazzi di oggi siano così diversi da quelli di un tempo. Hanno sempre bisogno di modelli di riferimento positivi per costruire la loro personalità e progettare il loro futuro. La scuola può rispondere a questa esigenza offrendo ascolto, creando occasioni di conoscenza reciproca, favorendo la condivisione di regole chiare, e promuovendo il dialogo tra scuola e famiglia. È fondamentale intervenire anche con esperti quando le situazioni diventano più complesse, per supportare i ragazzi nel loro percorso di crescita.

 

 

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