
Di Riccardo Benotti
“Uno stile misurato, gesti sobri e parole pesate. Ma con una forte continuità spirituale rispetto a Papa Francesco”. Madre Ignazia Angelini, benedettina e testimone autorevole del rinnovamento ecclesiale, offre uno sguardo profondo e appassionato sul primo mese di pontificato di Leone XIV. Nonostante il periodo di convalescenza, madre Ignazia condivide con fermezza la sua lettura di una fase nuova per la Chiesa, segnata da sobrietà evangelica, relazioni fraterne e responsabilità condivisa.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)
Madre Ignazia, che impressione le ha lasciato questo primo mese di pontificato?
Mi ha colpito lo stile del Papa: è molto misurato nei gesti e attento nel pesare le parole. Si tratta di un profilo diverso, che si inserisce con rispetto e continuità nel percorso già tracciato. Anzi, intravedo una profonda continuità negli obiettivi fondamentali rispetto a quelli perseguiti da Papa Francesco: l’unità, la pace, l’attenzione all’umano. Nelle prime udienze generali, ad esempio, ho riconosciuto nei suoi discorsi tratti tipicamente agostiniani.
Per me, da benedettina, sant’Agostino è un riferimento imprescindibile, maestro anche per san Benedetto.
Agostino ha influito sull’intuizione originaria del monachesimo: la Chiesa è anche questo. Il Papa mi pare molto persuasivo, ma ora occorrerà osservare le scelte concrete che farà, a partire dalla costruzione della sua squadra.
Il nome Leone ha suscitato riflessioni contrastanti. Lei come lo ha interpretato?
Mi ha sorpresa. È un nome che evoca forza e potenza. Ho pensato subito a frate Leone, il discepolo amato da san Francesco, anche se il Papa ha escluso questa interpretazione. Nella Scrittura, il “leone della tribù di Giuda” è l’agnello: un paradosso ricco di significato. Credo però che il suo riferimento principale sia Leone XIII. Comprendo il bisogno di un cambiamento simile, fondato su determinazione e gerarchia di valori. Papa Leone aveva colto con lucidità le sfide della sua epoca.
È un tempo complesso per la Chiesa. Che sfide intravede?
Sì, è un tempo esigente, di confronto sia interno che esterno. Per questo sarà importante osservare le nomine e le scelte nei collaboratori. La Chiesa ha bisogno di riforme profonde, come emerso anche dal Sinodo: riforme della Curia, del diritto canonico. Papa Leone ha una solida competenza in questi ambiti, quindi da lui ci si attende molto.
Chi è madre Ignazia Angelini
Monaca benedettina, già badessa del monastero di Viboldone (Milano), madre Ignazia Angelini è figura di riferimento nel panorama ecclesiale italiano. Apprezzata per la profondità spirituale e l’impegno culturale, ha partecipato attivamente al processo sinodale e collabora con diverse istituzioni accademiche e pastorali. I suoi scritti e interventi offrono una lettura sapienziale della vita della Chiesa, in dialogo con la tradizione monastica e la contemporaneità.
Il tema della comunità, così caro al monachesimo, quanto conta oggi nella vita della Chiesa?
È un tema vocazionale fortissimo. È agostiniano, ma san Benedetto lo ha interiorizzato e in base al principio agostiniano del primato della carità che si esprime frontalmente nell’amore preveniente di Dio verso il debole e il peccatore ha rielaborato la versione finale della sua Regola.
Mi colpisce molto che Papa Leone lo stia ponendo al centro: parla dell’unità della Chiesa, ma anche di una comunione che nasce dalle relazioni quotidiane e che implica una responsabilità sociale.
In una catechesi dell’udienza generale ha citato la parabola degli operai dell’ultima ora: un richiamo alla valorizzazione dell’umano, anche nelle sue fragilità. È decisivo: senza questo, si rischia di ricadere nei soliti circoli chiusi. Mi pare che il Papa abbia ben presente il tema dell’amore gratuito di Dio, preveniente, che fonda la comunione ecclesiale.
Nel governo della Chiesa, vede un legame tra la visione agostiniana dell’autorità e il cammino sinodale?
Sì. L’autorità, così come emersa nel Sinodo, è un servizio all’unità. Non è potere magisteriale in senso stretto, ma capacità di radunare, accompagnare, custodire. Papa Leone sta incarnando questo stile. Lo aveva già mostrato durante il Sinodo, anche dal punto di vista teologico. Conosco alcune comunità agostiniane che avevano coinvolto l’allora Priore Generale in momenti critici della vita comunitaria e hanno ricevuto da lui decisivo aiuto e sostegno nei discernimenti. Mi auguro che ora possa estendere quello stile a tutta la Chiesa.
C’è un’espressione o un gesto che l’ha colpita in particolare in questo primo mese?
Sì, una frase che ha ripetuto spesso: “Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo”. È una formula profondamente agostiniana, che oggi risulta quanto mai necessaria.
È un’espressione chiave per comprendere il significato della comunione e dell’esercizio dell’autorità.
La trovo presente in molti dei suoi discorsi, come nei testi di Agostino. Mi ha colpito anche la sua devozione mariana: è una persona sobria, quasi muscolare, ma ha un legame profondo con la Madonna. Non ha l’espansività francescana, ma custodisce un’intimità profonda.
Con quale termine descriverebbe l’inizio di questo pontificato?
Promettente. Non tanto per gli annunci, ma per i segni concreti, per l’attenzione alle relazioni, per il tono di voce rivelativo di emozioni forti, sapientemente misurate, con cui si è presentato. Insomma uno stile in cui il soggetto si toglie, ma lascia trasparire profondo coinvolgimento e intensa attenzione.
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