
Di Andrea Regimenti
Nel quadro dell’Anno Santo, la Chiesa ha vissuto il Giubileo delle Confraternite. Un appuntamento che richiama alla memoria le radici profonde della pietà popolare e rinnova la missione di queste realtà alla luce delle sfide del tempo presente. Le Confraternite, con oltre 28.000 sodalizi e circa sei milioni di aderenti solo in Europa, costituiscono la più estesa aggregazione laicale della Chiesa cattolica. Da secoli esprimono un legame vitale tra fede e cultura, attraverso forme di devozione, opere di misericordia e un servizio concreto alle comunità locali. Questo Giubileo si celebra, inoltre, nel contesto dell’inizio del pontificato di Papa Leone XIV. In tale prospettiva, mons. Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale e assistente ecclesiastico della Confederazione delle Confraternite delle diocesi d’Italia, offre una riflessione sul ruolo attuale delle Confraternite, sulla loro storia e sul contributo che esse continuano a offrire alla vita della Chiesa.
Eccellenza, ci può raccontare come è nata la Confederazione delle Confraternite delle diocesi d’Italia e qual è stata la spinta che ha portato alla sua costituzione?
La Confederazione delle Confraternite delle diocesi d’Italia è nata dal basso, a Roma, per iniziativa di mons. Antonio Massone, del vescovo Armando Brambilla e di diversi confratelli laici, tra cui Francesco Antonetti, che ne è stato presidente per vent’anni. Dopo oltre un decennio di attività si è giunti all’approvazione ufficiale da parte della Conferenza episcopale italiana durante il Giubileo del 2000. Celebriamo dunque il venticinquesimo anniversario della Confederazione, come ci ha ricordato anche Papa Francesco in udienza. Già prima del riconoscimento della Cei, la Congregazione per il culto divino aveva proclamato il beato Pier Giorgio Frassati patrono delle Confraternite italiane. In questi anni la Confederazione ha promosso incontri nazionali e regionali, ha curato pubblicazioni e, durante la pandemia, ha realizzato meditazioni settimanali sul Vangelo della domenica. A ciò si aggiungono le opere di carità svolte nelle varie diocesi.
Confraternite diffuse in tutta Europa, con oltre sei milioni di aderenti e 28.000 sodalizi: qual è oggi l’incidenza reale di queste realtà nel tessuto ecclesiale e sociale delle comunità locali?
All’inizio non immaginavamo numeri così significativi. La presenza delle Confraternite varia da Paese a Paese: la Spagna, ad esempio, ha una diffusione imponente, con Confraternite che aggregano migliaia di membri, come quella di Malaga che conta cinquemila confratelli. Queste realtà svolgono opere di carità e sostengono le parrocchie. Le Confraternite sono attive anche in Svezia, Francia, Portogallo, Polonia, Lituania. In Italia sono molto diffuse nel Sud e al Centro, ma anche in regioni del Nord come la Liguria e la Lombardia, mentre in altre aree la loro presenza si è ridotta a causa di soppressioni storiche, come quelle volute da Francesco Giuseppe.

(Foto Siciliani – Gennari/SIR)
Lei ha più volte richiamato l’attenzione sul rischio di relegare le Confraternite a semplici espressioni di folclore. In che modo queste realtà riescono a custodire la tradizione rendendola viva e attuale nella missione della Chiesa?
La nostra tradizione deve essere viva, non statica. Non per nulla la nostra rivista si chiama “Tradere”, proprio per indicare una tradizione che non è statica, ma viva, capace di rinnovarsi alla luce dei bisogni attuali: evangelizzazione, opere di carità, opere di misericordia. In molte diocesi le Confraternite coinvolgono numerosi giovani: nella diocesi di Monreale il 50% dei fedeli impegnati viene dalle Confraternite. Questo dimostra che, se curate nella formazione spirituale, nella catechesi, negli impegni caritativi, le Confraternite sono elementi vitali della Chiesa. Tuttavia, tutto dipende dall’attenzione degli assistenti spirituali e dalla capacità di vivere l’evangelicità, l’ecclesialità e la sinodalità.
Le Confraternite sono esperienze di sinodalità da secoli. Io sintetizzo la loro missione con tre “C”: catechesi (e cultura), carità e culto. Se questi aspetti non si integrano, le Confraternite rischiano di ridursi a riti privi di incidenza.
Alla luce della sua esperienza, come valuta la presenza giovanile nelle Confraternite? E quali strumenti ritiene necessari per favorire un loro maggiore coinvolgimento?
La partecipazione giovanile è presente in molte diocesi, ma va alimentata. Le Confraternite devono saper organizzare attività pensate per le nuove generazioni, rispondendo alle loro esigenze e sensibilità.
Dal suo osservatorio privilegiato di assistente ecclesiastico, quale contributo specifico stanno offrendo le Confraternite al cammino sinodale della Chiesa italiana?
Le Confraternite hanno sempre vissuto esperienze di sinodalità. Papa Francesco stesso ce lo ha ricordato. Laddove sono state coinvolte nei percorsi sinodali, hanno partecipato attivamente, offrendo il proprio contributo nelle diocesi. Questo dipende però dalla sensibilità dei responsabili e degli assistenti spirituali. È necessario favorire una maggiore integrazione con la vita ecclesiale locale.
Il motto del Giubileo 2025 è “Pellegrini di speranza”. Come si inserisce questo tema nella spiritualità e nelle iniziative delle Confraternite?
Per prepararsi al Giubileo e riflettere sulla speranza, le Confraternite hanno promosso il pellegrinaggio di un’icona itinerante della Madre della Speranza, partita dalla Campania e portata in tutte le regioni d’Italia. Questa iniziativa ha offerto l’occasione per meditare sul significato di essere pellegrini di speranza in un mondo segnato da divisioni, guerre, individualismo e secolarismo.
Le Confraternite vogliono essere comunità che testimoniano la speranza, mostrando come la fede possa ancora contribuire a rendere più umana la nostra società.
Quali sono le sue attese per il Giubileo delle Confraternite e per il futuro di queste realtà?
Mi auguro che le Confraternite siano valorizzate nella loro specificità. È però necessario anche un esame di coscienza, per evitare il rischio di particolarismi e protagonismi. La fede non può ridursi a mera immagine esteriore: deve tradursi in una vita concreta di conversione quotidiana. Le Confraternite devono essere fucine di santità. La prossima canonizzazione di Pier Giorgio Frassati sarà un’occasione per rinnovare questo impegno.

Foto Calvarese/SIR
Considerando che sarà uno dei primi grandi eventi del nuovo Pontefice, quale valore aggiunto potrà portare al Giubileo delle Confraternite questa coincidenza?
Sì, sarà uno dei primi grandi eventi presieduti dal nuovo Pontefice, che sappiamo essere vicino alla pietà popolare. È stato membro onorario di una Confraternita nella sua diocesi e ha sempre mostrato grande attenzione a queste realtà.
La pietà popolare è una risorsa importante per trasmettere la fede, raggiungendo anche chi si è allontanato dalla Chiesa.
Spesso, in occasione di una processione, molte persone riscoprono le proprie radici cristiane.
In conclusione, quale ritiene sia il nucleo più autentico della spiritualità confraternale? E quale messaggio desidera rivolgere a confratelli e consorelle per il loro Giubileo?
Al centro della spiritualità confraternale vi è la comunione: tra i membri della stessa confraternita, tra le Confraternite, con la Chiesa locale e il proprio vescovo. È fondamentale non fermarsi al “si è sempre fatto così”, ma saper leggere i segni dei tempi e rispondere con creatività alle esigenze della società. Le Confraternite devono essere autentiche agenzie di nuova evangelizzazione.

0 commenti