Michele Raviart – Città del Vaticano, Vatican News

Gesù non è venuto a ritoccare e perfezionare l’idea che gli uomini si sono fatti di Dio, ma a rovesciarla e a mostrare loro il Suo vero volto con la morte sulla croce. Un sacrificio che può essere testimoniato solo nel silenzio, quello di Papa Francesco, quando si ferma a pregare davanti l’altare, e quello dei 4.500 fedeli presenti nella Basilica di San Pietro per la celebrazione della Passione del Signore. Solo quando sarà alzato sulla croce, infatti, si conoscerà quello che “Lui è”, in senso assoluto e metafisico. A ribadirlo è il cardinale Raniero Cantalamessa, predicatore dalla Casa Pontificia, nella sua omelia, ispirata a quanto Gesù rivela ai farisei nel Vangelo di Giovanni: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono”.

Nella croce il rispetto della libertà degli uomini
Gesù è venuto a “rovesciare” l’idea di Dio ma, sottolinea il porporato, “L’idea di  Dio che Gesù è venuto a cambiare, purtroppo ce la portiamo tutti dentro, nel nostro inconscio”, perché “si può parlare di un Dio unico, puro spirito, ente supremo”, ma è difficile vederlo “nell’annientamento della sua morte in croce”. Per capirlo è infatti necessario riflettere sul vero significato dell’onnipotenza di Dio. “Di fronte alle creature umane”, spiega padre Cantalamessa, Dio si trova infatti “sprovvisto di ogni capacità, non soltanto costrittiva, ma anche difensiva. Non può intervenire di autorità per imporsi a loro. Non può fare altro che rispettare, in misura infinita, la libera scelta degli uomini”. Il vero volto della sua onnipotenza, allora, si rivela “nel suo Figlio che si mette in ginocchio davanti ai discepoli per lavare loro i piedi; in lui che, ridotto alla più radicale impotenza sulla croce continua ad amare e perdonare, senza mai condannare”.

Cancellarsi, non mettersi in mostra
La vera onnipotenza di Dio, quindi, “è la totale impotenza del Calvario”. Ci vuole infatti “poca potenza per mettersi in mostra”, ma “che ne vuole molta, per mettersi da parte, per cancellarsi”. “Che lezione per noi che, più o meno consciamente, vogliamo sempre metterci in mostra!”, ribadisce il porporato, “che lezione soprattutto per i potenti della terra! Per quelli tra essi che neppure remotamente pensano a servire, ma solo al potere per il potere”.
Il trionfo dato nell’invisibile è eterno

Lo stesso trionfo della risurrezione, “definitivo e irresistibile” è diverso dallo sfarzo di quello degli imperatori o dal “trionfo della Santa Chiesa” di cui si parlava in passato. “La risurrezione”, continua, “avviene nel mistero, senza testimoni”. Mentre la sua morte viene vista da una grande folla e dalle massime autorità politiche e religiose, “da risorto, Gesù appare soltanto a pochi discepoli, fuori dai riflettori”. Dopo aver sofferto, infatti, “non bisogna aspettarsi un trionfo esteriore, visibile, come una gloria terrena. Il trionfo è dato nell’ invisibile ed è di ordine infinitamente superiore perché è eterno! I martiri di ieri e di oggi ne sono la prova”.

L’onnipotenza dell’amore
“Non è una rivincita che umilia i suoi avversari”, spiega ancora padre Cantalamessa, perché “ogni vendetta sarebbe incompatibile con l’amore che Cristo ha voluto testimoniare agli uomini con la sua passione”.  Lo ribadiscono le Sue parole sulla croce: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e stanchi e io vi darò ristoro”. “Uno che non ha, Lui stesso, una pietra su cui posare il capo, uno che è stato rifiutato dai suoi, condannato a morte”, conclude il predicatore della Casa Pontificia, “si rivolge all’umanità intera, di tutti i luoghi e di tutti i tempi”. Tutti, nessuno escluso: “l’anziano, malato e solo”, chi “il mondo lascia morire nella miseria, nella fame o sotto le bombe”, chi per la sua fede in Lui o per la sua lotta per la libertà languisce in una cella di prigione”, la donna vittima di violenza. Rinunciando all’idea umana di onnipotenza, conserva intatta la Sua, che è l’onnipotenza dell’amore.

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