THAILANDIA – “Raggiungere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi dell’anima delle nostre città e culture”, come hanno fatto i primi missionari, che “non hanno cercato un terreno con garanzie di successo”.

È l’invito del Papa, che incontrando i vescovi tailandesi e asiatici, nella seconda giornata del viaggio in Thailandia, ha citato il beato Nicolás Bunkerd Kitbamrung, nel santuario a lui intitolato, il quale “ha dedicato la sua vita all’evangelizzazione a alla catechesi, formando discepoli del Signore, soprattutto qui in Thailandia, come anche in parte del Vietnam e lungo la frontiera con il Laos, e coronò la sua testimonianza a Cristo con il martirio”.

I primi missionari, ha spiegato Francesco, “non hanno aspettato che una cultura fosse affine o si sintonizzasse facilmente con il Vangelo; al contrario, si sono tuffati in quelle realtà nuove convinti della bellezza di cui erano portatori. Audaci, coraggiosi, perché sapevano prima di tutto che il Vangelo è un dono da seminare in tutti e per tutti: dottori della legge, peccatori, pubblicani, prostitute, tutti i peccatori di ieri come di oggi”. “La missione, prima che attività da realizzare o progetti da porre in atto, richiede uno sguardo e un ‘fiuto’ da educare”, ha ribadito il Papa: “richiede una preoccupazione paterna e materna, perché la pecora si perde quando il pastore la dà per persa, mai prima”.

“Una Chiesa in cammino, senza paura di scendere in strada e confrontarsi con la vita delle persone che le sono state affidate, è capace di aprirsi umilmente al Signore e con il Signore vivere lo stupore dell’avventura missionaria, senza la necessità consapevole o inconsapevole di voler apparire anzitutto lei stessa, occupando o pretendendo chissà quale posto di preminenza”, l’identikit tracciato dal Papa.

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