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La popolazione di Gaza terrorizzata Ma anche gli israeliani…

Di Daniele Rocchi
Si intensifica l’operazione “Protection Edge” (confine protettivo) nella Striscia di Gaza dove nelle ultime ore proseguono intensi i bombardamenti con aerei e droni da parte dell’esercito israeliano in reazione al lancio di missili da parte di Hamas. Oltre 140 in poco più di 24 ore, che tengono sotto tiro città del sud come Beersheva e Beit Shemesh e del centro come Tel Aviv. La risposta dell’Idf (Israeli defense force) è stata forte con 146 attacchi in 36 ore. Negli ultimi due giorni, da quando cioè è scattata l’operazione, i bersagli attaccati da Israele sono stati in tutto circa 430. Sale anche il bilancio delle vittime: 35 morti e 300 feriti. Tra loro anche civili. Viva la minaccia israeliana di un’offensiva di terra per fermare il lancio di razzi. Pronti per questo 40mila riservisti. I timori di una guerra lunga è sempre più reale, nonostante gli appelli delle diplomazie internazionali ai due contendenti perché vinca l’autocontrollo e si cerchi una tregua. Richiesta rigettata da Israele che per bocca del ministro di Giustizia israeliano, nonché mediatrice nei negoziati di pace con i palestinesi, Tzipi Livni, ha fatto sapere che “con Hamas non ci può essere alcuna soluzione politica, ma solo militare”. In difficoltà il presidente palestinese Abu Mazen, che alla comunità internazionale chiede di imporre a Israele la fine dell’escalation militare.
Appello dei leader cattolici. Un appello a israeliani e palestinesi per un cambio “coraggioso e radicale” in modo da spezzare così “il circolo della violenza” è arrivato ieri dagli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) in una nota nella quale li esortano a “scrollarsi di dosso qualsiasi leadership che nutre la violenza per sostenere quei leader determinati a lavorare per la giustizia e la pace”. Servono “leader lucidi e coraggiosi per affrontare l’urgenza della situazione attuale, capaci di prendere decisioni difficili necessarie, pronti anche a sacrificare la loro carriera politica per il bene di una pace giusta e duratura”. “La violenza genera solo violenza – scrivono gli Ordinari cattolici – rompere questo circolo è dovere di tutti, oppressori e oppressi, vittime e carnefici”.
Voci da Gaza. Nella Striscia, intanto, proseguono le operazioni militari israeliane, come racconta al Sir una fonte vicina al team della Unrwa, l’agenzia umanitaria dell’Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi, che conferma il bilancio di “35 morti negli ultimi due giorni. Sono state colpite case e persone, in modo particolare alcuni uffici e strutture del Governo. La situazione sta peggiorando e non si vedono vie di uscita per porre fine a questa catastrofe. La popolazione civile soffre molto, nessuno viene risparmiato da questa tragedia. La Striscia è sigillata dalle Forze armate israeliane. Anche il valico con l’Egitto è chiuso”. Situazione resa ancora più drammatica dal mancato pagamento degli stipendi che non permette, a chi potrebbe, l’acquisto di generi di prima necessità che ancora si riescono a reperire nella Striscia. “Cerchiamo di fronteggiare anche questa emergenza con quei pochi aiuti che abbiamo avendo tra le priorità i più piccoli. Speriamo che questa situazione trovi presto una soluzione anche se non siamo molto ottimisti. Basta guardare ciò che sta accadendo per capire che è molto difficile. Bisogna incoraggiare le parti al dialogo ma la comunità internazionale sembra non essere in grado di farlo. Abbiamo molta paura di una escalation militare e qui a Gaza si teme un’offensiva di terra. Abbiamo paura per noi, per le nostre famiglie, i nostri figli, le nostre abitazioni”. Conferme arrivano anche dalla Caritas Jerusalem da sempre impegnata a livello umanitario nella Striscia, dove opera anche con un centro clinico ed uno medico mobile. Il direttore, padreRaed Abusahlia, parla senza mezzi termini di “situazione drammatica. Abbiamo dovuto chiudere il nostro centro clinico per la mancanza di condizioni di sicurezza. Gli unici autorizzati a prestare aiuto ai feriti sono le ambulanze. I più terrorizzati sono i bambini. La risposta umanitaria a Gaza – spiega il direttore – sarà possibile solo dopo la fine delle ostilità. Per il momento restiamo in contatto con il nostro staff, con gli ospedali, il ministero della Sanità, per monitorare la situazione”.
Voci da Israele. Tanta paura anche dalle zone del sud di Israele oggetto del lancio dei missili di Hamas, come testimonia don Gioele Salvaterra parroco di Beersheva, circa 40 km da Gaza. “Nelle zone più vicine alla Striscia è più di una settimana che lanciano missili ogni giorno. Qui sono arrivati i razzi due volte la scorsa settimana. Altri ne sono caduti ieri e nella notte ma senza provocare danni. La popolazione è terrorizzata e non basta il sistema anti razzi dell’esercito a rassicurarla. Ogni volta che suona la sirena la gente corre nei rifugi. La popolazione cerca di uscire il meno possibile e solo se indispensabile. Nelle strade si vedono mezzi cingolati in movimento”. “Le immagini di festa di Papa Francesco in Terra Santa, a fine maggio, – commenta con un po’ di amarezza – sono ormai un ricordo sbiadito. Tuttavia la speranza non deve abbandonarci. La popolazione israeliana e palestinese soffre per questa guerra che deve finire al più presto. Abbiamo voglia di pace”.
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