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Il cinema italiano avamposto culturale da tutelare

Di Luigi Crimella

“Nebraska”, “Philomena”, “La mafia uccide solo d’estate”, “Her”, “Blue Jasmine”, “Grace”, “Maleficent”, “La grande bellezza”, “Sole a catinelle”: sono questi, ad avviso di Massimo Giraldi, esperto cinematografico dell’Ente dello Spettacolo, alcune delle pellicole che hanno segnato l’ultimo anno e mezzo nel mercato dei film nel nostro Paese. Alcune sono italiane, altre straniere. Il successo e la notorietà di tali film, il cui elenco non ha pretese di esaustività, è dovuto a volte alla bontà della storia, altre al ritmo e originalità della sceneggiatura, altre ancora (motivazione molto importante) alla notorietà degli attori protagonisti. In ogni caso, vale per i film quanto vale anche per i libri, o per le opere liriche, o le rassegne artistiche: un capolavoro fa “cassetta” perché risponde all’attesa degli spettatori, li diverte, ha un messaggio da trasmettere, è “ben fatto”. Di questo si è parlato a Roma martedì 9 luglio, alla presentazione del “Rapporto 2013 – Il mercato e l’industria del cinema in Italia”, realizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, in collaborazione con la direzione generale per il cinema del ministero dei Beni e Attività Culturali e Turismo. L’occasione ha visto riuniti diversi tra i protagonisti dell’industria cinematografica del nostro Paese: dall’Associazione produttori televisivi (Apt) al Centro sperimentale di cinematografia, dall’Istituto Luce – Cinecittà a Rai Cinema, dalla Conferenza nazionale del cinema a esperti universitari.
Un avamposto strategico. Il numero di aziende che in Italia sono impegnate nelle produzioni cinematografica, video, programmi televisivi e registrazioni sonore è molto alto: sono 11.871 registrate ed effettivamente “attive” 9799. La ricchezza prodotta è di 4,4 miliardi di euro, ma sommando anche la produzione audiovisiva si arriva a 15,6 miliardi. Tuttavia – spiega il rapporto – il settore rimane frammentato in quanto il 96,3% delle imprese audiovisive ha meno di 19 addetti e produce appena il 30,6% del fatturato totale. Di contro, una minoranza del 3,7% delle aziende (i grossi gruppi con più di 20 addetti) arriva a produrre più del 60% del fatturato totale. Il presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo (EdS), donIvan Maffeis, ha affermato: “L’industria cinematografica è un settore chiave dal punto di vista economico, perché da solo produce una ricchezza annuale pari a 4,4 miliardi di euro”. “Anche per questo – ha aggiunto – dobbiamo promuovere strategie e progetti condivisi che sostengano il mondo del cinema e lo aiutino ad attraversare questa stagione di crisi. I primi segnali incoraggianti sono evidenti. È necessario a questo punto che ognuno faccia la propria parte per tutelare questo avamposto strategico del patrimonio culturale italiano”.
Punti di forza e di debolezza. Il rapporto ha messo in evidenza l’”annata eccezionale” in termini d’incassi del cinema italiano, in buona parte dovuto a due film primatisti. Il primo è stato “La grande bellezza” che ha vinto l’Oscar quale miglior film straniero, e il secondo “Sole a catinelle” col record assoluto d’incassi (in tre mesi 8 milioni di spettatori e 51,8 milioni di euro). Quanto a distribuzione di pellicole, lo scorso anno il totale è stato di 979, con 453 debutti di nuovi film, in aumento rispetto ai 364 di un anno prima. Tra i dati negativi c’è l’aumento delle difficoltà per le “monosale”, cioè i cinema più tradizionali, rispetto ai multisala. Dal 2006 al 2013 il loro numero è sceso a 530 da 713 che erano, con un calo degli incassi del 39,4%. Anche gli investimenti nel settore sono diminuiti: rispetto al 2012 si è passati da 493,1 a 357,6 milioni di euro. Il costo medio di un film realizzato in Italia è risultato di 2,1 milioni di euro, in parte sostenuto coi soldi pubblici previsti dal Fus (Fondo unico dello spettacolo) il cui ammontare era di 137,7 milioni nel 2007, sceso a 99,7 nel 2012 e a 91 milioni nel 2013. Redento Mori, curatore del rapporto, ha sottolineato che “mentre l’opera lirica, la musica e il teatro sono in calo di presenze e incassi, e soltanto i concerti si salvano, il cinema comunque nel complesso ha retto”. Gli italiani vanno complessivamente poco al cinema: i biglietti venduti in un anno sono sotto i 100 milioni e mediamente un italiano vede 1 o 2 film l’anno. Tiene e ha un notevole successo, anche all’estero, la “fiction” italiana (“Gomorra”, “Montalbano”, “Don Matteo” ecc.).
Inventare il lavoro del futuro. Quindi se da un lato siamo di fronte a un settore comunque vitale e in grado di offrire oltre 52mila posti di lavoro, dall’altra gli addetti lamentano che soltanto per il 44,8% di loro si può parlare di un posto “stabilizzato”. Per tutti gli altri si lavora con contratti a progetto di breve-media durata. Occorre considerare anche la concorrenza di internet e delle piattaforme digitali che (basti pensare a Google e Amazon, solo per fare due nomi “over the top”) sono in grado di sbaragliare il mercato grazie alla loro proiezione globale e al fatto che godono di vantaggi competitivi rilevanti (ad esempio fiscali). Per concludere, dal rapporto emerge che il settore cinema, video e media è destinato a svilupparsi e consolidarsi: c’è una crescente richiesta di documentari, animazione, web series, videogames, spot, videoclip. Un mondo tutto da esplorare e dove i giovani dovranno tuffarsi per inventare il lavoro del futuro.
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