AngelusZenit di Luca Marcolivio

Quando San Paolo dice: “Rallegratevi, il Signore è vicino!” (Fil 4,4-5), non trasmette “un’allegria superficiale o puramente emotiva”, né tantomeno “mondana” o relativa al “consumismo”. Lo ha detto papa Francesco, durante l’Angelus di ieri a piazza San Pietro.

L’arrivo del Signore, ha proseguito il Santo Padre, ci porta “una gioia più autentica, di cui siamo chiamati a riscoprire il sapore, il sapore della vera gioia. È una gioia – ha detto – che tocca l’intimo del nostro essere, mentre attendiamo Colui che è già venuto a portare la salvezza al mondo, il Messia promesso, nato a Betlemme dalla Vergine Maria”.

La Prima Lettura, ha spiegato il Papa, mostra Isaia che “parla di deserto, di terra arida, di steppa (cfr Is 35,1)” ed ha “davanti a sé mani fiacche, ginocchia vacillanti, cuori smarriti, ciechi, sordi e muti (cfr vv. 3-6)”: è questa la “situazione di desolazione” che si profila con “un destino inesorabile senza Dio”. Poi, però, “la salvezza è annunciata” (cfr Is35,4) e, d’improvviso, “tutto si trasforma: il deserto fiorisce, la consolazione e la gioia pervadono i cuori” (cfr vv. 5-6): sono i segni della salvezza che “si realizzano in Gesù”.

Quando Gesù annuncia che i ciechi riacquisteranno la vista, i lebbrosi guariranno e i morti risusciteranno (cfr Mt 11,5): “non sono parole” ma “fatti che dimostrano come la salvezza, portata da Gesù, afferra tutto l’essere umano e lo rigenera”, ha commentato Francesco.

“Dio è entrato nella storia – ha aggiunto – per liberarci dalla schiavitù del peccato; ha posto la sua tenda in mezzo a noi per condividere la nostra esistenza, guarire le nostre piaghe, fasciare le nostre ferite e donarci la vita nuova. La gioia è il frutto di questo intervento di salvezza e di amore di Dio”.

Siamo dunque chiamati a manifestare un “sentimento di esultanza”, perché a “un cristiano che non è gioioso, qualcosa manca” o “non è cristiano!”, ha affermato il Santo Padre, ricordando che “la gioia del cuore, la gioia dentro che ci porta avanti e ci dà il coraggio”. Il Signore viene da noi “come liberatore” e “ci indica la strada della fedeltà, della pazienza e della perseveranza perché, al suo ritorno, la nostra gioia sarà piena”.

Il Pontefice si è poi soffermato sui “segni” del Natale – primi fra tutti, il presepio e l’albero – che “ci invitano a riconoscere i suoi passi tra quelli dei fratelli che ci passano accanto, specialmente i più deboli e bisognosi”.

L’arrivo nel mondo del Redentore, ci chiama a “gioire” e a “condividere questa gioia con gli altri, donando conforto e speranza ai poveri, agli ammalati, alle persone sole e infelici”, ha poi concluso papa Francesco.

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