Papa FrancescoDi Bruno Cescon

Se non fosse perché l’ha ribadito Papa Francesco, la “lavanda dei piedi” estesa anche alle donne nella liturgia della Messa in Coena Domini, si dovrebbe pensare a una rivoluzione di costume. Ma Papa Francesco, nel ricordare anche tradizioni più antiche di questa, dona ai fatti un tono speciale. Sono spesso delle innovazioni, anche piccole ma attese da tanto tempo e forse già praticate in tutte le Chiese del mondo.
Si sa come nella liturgia, in particolare in quella intensa dei tre giorni precedenti la Pasqua, si confrontano vita e morte, luce e tenebre, redenzione e peccato. Il triduo fa vivere al fedele cristiano di contrasti immensi, di chiaroscuri intensi: la morte di Cristo e la paura, un po’ vigliacca, dei discepoli.
In questo confronto drammatico si inserisce il gesto liturgico della “lavanda dei piedi”.

Nasce da un segno di cortesia, proprio di ogni famiglia ebrea: accogliere l’ospite, magari venuto da lontano, con una bella rinfrescata al motore del pellegrinare d’allora: i piedi.

Come di consueto Gesù trasforma un gesto di cortesia per la fatica del viaggio in un segno meraviglioso e carico di significato: il donarsi di Cristo fino alla fine per la salvezza del mondo. E così in quel gesto Gesù ha posto l’impegno di tutti i cristiani al servizio.

Per cui quella “lavanda dei piedi”, come già si faceva in molte parrocchie, dove erano coinvolti soprattutto ragazzi o giovani, non ammette più nessuna esclusione.

Il Papa chiede un piccolo aggiustamento, facile da applicare per i ragazzi, i giovani, ma anche per le ragazze e le donne.

Importante è educare e preparare a questo segno. Conta evidentemente il contesto liturgico in cui viene effettuato.

Il contesto liturgico è la messa in Coena Domini. I testi biblici ed eucologici di fatto mettono in luce Cristo che ci dà la sua Pasqua proprio nell’ultima cena.
In questo ambito va inquadrato il rito della “lavanda dei piedi”, rito praticato fin dai tempi di sant’Agostino, in seguito riservato per secoli alla sola chiesa cattedrale e ripreso con la riforma di Pio XII nel 1955.
Questa leggera apertura di Papa Francesco tende ad accorciare le distanze anche nella cultura laica tra uomo e donna. Non è solo questione di educazione, di galateo insomma, ma una intesa è sempre meglio di un contenzioso. E così Papa Francesco allarga le maglie dell’inclusione dentro la casa comune che è il cattolicesimo.

Se si potesse in qualche modo laicizzare questo segno, potrebbe divenire il gesto di chi è a servizio pubblico nella nostre società democratiche.

Non servirebbe la presenza di un uomo delle forze dell’ordine. Ma la società laica non ha, né può avere, un rito che celebri questo servizio pubblico, motivandolo o meglio facendolo sentire fino a creare sintonia tra i membri di più comunità sparse nel mondo. Il prezioso valore del dono avrebbe ragione in sé stesso, per essere diffuso, e rappresenterebbe la cura del cittadino per il cittadino, oltre ogni menefreghismo e assenteismo. Nei valori religiosi emergono sempre dei valori civili.

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