Vescovo BaghdadDi Daniele Rocchi

“Siamo un Paese in guerra”: non usa mezzi termini monsignorShlemon Warduni, il vescovo ausiliare di Baghdad, per commentare l’ultima ondata di attentati che ha colpito la capitale irachena e altre città del Paese, come Hilla, provocando almeno 49 morti e decine di feriti. Ad essere colpiti centri commerciali e stazioni di autobus, chiaro l’obiettivo degli attentatori: fare più morti possibile. “Quando si piazzano bombe in mezzo a tanta gente innocente e si provocano stragi non si può parlare di un Paese pacificato, tutt’altro”, dichiara il vescovo caldeo, da poco rientrato nella sua residenza dopo una riunione con la Caritas Iraq di cui è presidente. “Qui ogni giorno si contano morti”. Al momento mancano rivendicazioni ma da più parti si tende a pensare che gli attacchi rientrino in una strategia della tensione voluta da gruppi integralisti islamici legati ad Al Qaeda e da fazioni sunnite che combattono l’attuale premier, sciita, Al Maliki. Il 30 aprile, poi, vi saranno le elezioni legislative e si teme, per questo, un aumento della violenza.

Eccellenza, cosa sta succedendo in Iraq? Dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003, il 2013 è stato l’anno più violento, superando anche le violenze del periodo 2006-2007. E il 2014 ha visto a gennaio oltre mille morti e in questo scorcio di febbraio quasi 500 vittime…
“Solo un profeta, o un angelo mandato dal cielo, può dire veramente cosa sta accadendo qui. Non riusciamo a dare una spiegazione a tanta violenza. Gli analisti la attribuiscono alla prossima tornata elettorale del 30 aprile. Ma mi chiedo: anche in Italia accade lo stesso quando ci sono le elezioni? Non credo proprio. Eppure in Iraq si verifica. Ci dicono di restare tranquilli, di non uscire, di usare prudenza. Ma come si fa a vivere così? È rischioso muoversi per fare la spesa, per andare a lavoro, a pregare nelle chiese e nelle moschee. Le bombe non guardano in faccia nessuno”.

Se la situazione politica interna è grave, quella economica e sociale lo è forse di più. Come vive oggi la popolazione irachena?
“L’Iraq è un Paese ricchissimo, pieno di risorse naturali e materie prime. La sua popolazione potrebbe vivere benissimo e anche quelle dei Paesi vicini potrebbero avere ricadute positive. Invece, dopo tanti anni, non abbiamo ancora infrastrutture, stabilità e sicurezza. L’80% del budget del nostro Paese, miliardi di dollari, si perde in mille rivoli, va sprecato e non porta vantaggi al popolo, in nessuna forma”.

Alle emergenze interne si sommano quelle alle frontiere con la Siria. Caritas Iraq è in prima linea nell’assistere i profughi siriani in fuga…
“Certamente. Stiamo cercando di alleviare le loro sofferenze attraverso aiuti di vario tipo. Purtroppo stanno crescendo anche i bisogni di tanti iracheni, cristiani e non, che sono, anch’essi, in fuga dalle loro città, come Ramadi, Falluja e altre ancora, a causa delle violenze settarie. In Caritas stiamo pensando a un progetto anche per loro e con i nostri partner vedremo come agire per dare risposte a questi bisogni”.

Il 30 aprile l’Iraq andrà al voto. Nella lotta tra sciiti e sunniti, i cristiani sembrano essere i più deboli anche politicamente, complice anche una certa frammentazione. Sono ben nove le liste cristiane in corsa e solo 5 i seggi loro riservati dalla legge elettorale. Come garantire, allora, una maggiore rappresentatività ed incisività alla minoranza cristiana?
“Come Chiesa caldea esortiamo i nostri fedeli, quelli desiderosi d’impegnarsi in politica, a fare unità. Purtroppo la risposta non è quella che ci aspettiamo. La frammentazione e la divisione non aiuta né i cristiani né il Paese che da noi si attende un’azione di mediazione, di riconciliazione. L’idea della ‘Lega caldea’, perorata dal patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako, è ottima e spero venga accolta. A giorni avremo a Baghdad un incontro tra tutti i vescovi cattolici del Paese e speriamo di fare dei passi in avanti in questa direzione. L’idea è quella di riunire persone che rivestono ruoli nella vita pubblica, professionisti, esperti, docenti, coordinarne l’azione con lo scopo di contribuire alla rinascita sociale, civile e non solo politica del nostro Paese. Per questo invitiamo tutti i fedeli a recarsi al voto al momento delle elezioni e a non disertare le urne”.

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