(Foto Calvarese/SIR)

Di Susanna de Candia, Claudia Masini

“Uscire dal buio verso la luce” è un sogno diventato realtà per Zohra, giovane profuga afghana di 19 anni, fuggita con la sua famiglia in Pakistan e atterrata a Fiumicino nel pomeriggio di giovedì 10 luglio, grazie ad un volo speciale offerto dalla Ong Solidaire, proveniente da Islamabad, nell’ambito dei corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant’Egidio. Il Terminal 5 dell’aeroporto di Fiumicino si è riempito di cori di benvenuto e dei sorrisi e sguardi carichi di aspettative dei 119 profughi provenienti dall’Afghanistan che hanno trascorso gli ultimi 4 anni in condizioni precarie come rifugiati in territorio pakistano. Tra loro prevalentemente donne con bambini, ma anche uomini e giovani che si sono ricongiunti con le loro famiglie.

“Da quando i Talebani hanno preso il potere, hanno cominciato a mettere limiti alle nostre vite, alle vite delle donne, chiudendo prima le università, poi più avanti le scuole, poi i corsi e poi le attività lavorative” racconta Zohra, che all’epoca era un’adolescente con tanti sogni. Era il 15 agosto 2021 quando la vita del popolo afghano è cambiata radicalmente e la situazione è diventata sempre più critica, soprattutto per le donne sottoposte a continue restrizioni. “Io raccontavo quanto accadeva ogni giorno e pubblicavo” dichiara Zhora, che fa comprendere l’importanza della denuncia e della condivisione attraverso una rete di contatti. L’intraprendenza di questa giovane donna le ha permesso di ottenere una possibilità concreta di salvezza per lei e per i suoi familiari, sfidando enormi pericoli. “Appartengo all’etnia hazāra e sono di religione sciita” precisa Zohra, esponente di una minoranza afghana, sia etnica che religiosa, perseguitata duramente dai talebani fino alla pulizia etnica del 2001 e soprattutto negli ultimi 4 anni con il loro ritorno al potere.

Grazie alla sua denuncia è entrata in contatto con un referente della Human Rights Support, associazione no profit che si occupa di sostegno umanitario per la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà. Tramite lui ha conosciuto alcuni volontari della Comunità di Sant’Egidio, promotrice del corridoio umanitario insieme allo Stato italiano e ad altre associazioni, che le ha permesso di arrivare in Italia. Qui Zohra potrà cominciare la rinascita, insieme alla sua famiglia composta da “papà, mamma, tre sorelle e un fratello”. In Italia potrà recuperare la normalità di una vita che si addice alla sua età, ritrovando la libertà e riappropriandosi della possibilità di esprimersi e crescere senza paura. Nei suoi occhi si legge la “speranza di poter avere una vita diversa, di poter riprendere la penna in mano, di poter ridisegnare la vita che desideravo e che desiderava la mia famiglia”. La Comunità di Sant’Egidio le ha dato “l’opportunità di essere evacuata”, adesso, attraverso un processo di accoglienza ed integrazione, potrà coltivare il suo sogno: “vorrei diventare un medico”. Zohra è serena e determinata, consapevole dei passi che dovrà compiere per realizzare il suo progetto di vita: “il primo è imparare l’italiano, conoscere la lingua italiana, la cultura italiana. Da lì andare a scuola, all’università, per diventare un medico”. Questo lungo viaggio, dopo anni di condizioni di vita insostenibili e limitanti, giunte finalmente al termine, si è rivelato “una sensazione, un’esperienza inimmaginabile, indescrivibile per me, ma anche per la mia famiglia”. La giovane afghana è pronta ad accogliere la luce e a cominciare la sua nuova vita nella nuova destinazione che è stata assegnata a lei e ai suoi familiari.

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