“Nel cielo della Sicilia, a metà strada tra Agrigento e Caltanissetta, su un territorio collinare, a Canicattì, si accese una stella: Rosario Livatino. E ogni anno, il 29 ottobre, è la sua memoria liturgica. È stato e rimane un modello per l’impegno qualificato dei laici nella vita pubblica, che Papa Francesco ha definito ‘martire della giustizia e della fede’”. È quanto afferma Francesco Garofalo, presidente del Centro studi Giorgio La Pira di Cassano all’Jonio, ricordando il beato. “Nonostante la pressione che la mafia locale e altri gruppi della criminalità organizzata esercitavano sui vari rappresentanti dello Stato e, in particolare, le minacce di morte che gli furono rivolte”, Livatino “lottò incessantemente contro la corruzione, ottenendo numerose vittorie su questi gruppi e portando al sequestro dei beni di loro proprietà e a numerosi arresti. La coraggiosa integrità – evidenzia Garofalo – e la dedizione alla giustizia costantemente lo guidarono nel suo lavoro. Da Livatino, impariamo che la santità ha il sapore della speranza che non si arrende, della coerenza che non si piega e dell’impegno che non si tira indietro, perché ogni angolo buio del mondo, compreso il nostro, abbia l’opportunità di rialzarsi e guardare lontano”. Oggi, conclude Garofalo, “intendiamo ribadire l’urgenza di questa conversione, quale eredità congiunta che ci consegna: ‘Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili’. Un esempio che infonde speranza. Questo è il lascito di Rosario Livatino”.