Di Chiara Pellicci
Attualmente è rettore della Casa madre del Pontificio istituto missioni estere (Pime) a Milano. Ma quando padre Valerio Sala (nelle foto) terminerà il suo incarico, ripartirà per la missione, visto che il carisma dell’ad vitam e dell’ad gentes significa essere missionari per sempre e fuori dal proprio Paese di origine. È in Thailandia che padre Sala ha operato per 14 anni, 12 dei quali trascorsi tra le popolazioni tribali che vivono sui monti nel Nord del Paese. Qui è stato parroco in una missione che, prima di essere divisa in due, ha contato fino a 52 villaggi.
Prima evangelizzazione e scuola. L’apostolato in quest’area consiste “nella prima evangelizzazione, ma anche nella conferma nella fede con i cammini catechetici e tutto il lavoro pastorale di un missionario: la messa, la catechesi, le confessioni. E poi – racconta padre Sala – c’è anche la peculiarità degli ostelli, dove i figli delle famiglie della comunità cattolica risiedono per frequentare le scuole, visto che sui monti i villaggi sono ancora sperduti e diversamente sarebbe impossibile assicurare un’istruzione ai ragazzi”. È un percorso formativo dalle elementari alle superiori, quindi “chi fa tutto l’iter, cresce con noi”, commenta il missionario.
- (Foto Popoli e Missione)
- (Foto Popoli e Missione)
Vita in montagna. I popoli di quest’area montuosa della Thailandia sono i Lahu, gli Akha, i Cariani, tribù nomadi che anticamente provenivano da Nepal, Cina, Laos, stanziatesi circa 150 anni fa sul confine tra Thailandia e Myanmar. Nell’immaginario collettivo della popolazione che vive nel resto del Paese, le etnie sui monti valgono meno dei Thai. Sulle montagne le tribù vivono di agricoltura: coltivazioni di riso, tè, caffè. “Ma – spiega padre Sala – le famiglie tendono a mandare i figli all’estero (Corea del Sud, Israele, Australia, Taiwan) dove fare comunque gli agricoltori, ma per una paga più alta”.
Scommessa sui giovani. È in questa realtà che i missionari del Pime diventano “messaggeri di speranza tra le genti”, come recita lo slogan della Giornata missionaria mondiale 2025. “Sono convinto – conclude padre Sala – che il futuro della società thailandese sia anche nelle mani degli alunni che stiamo formando negli ostelli. Ho sempre ripetuto, fino allo sfinimento, quello che l’angelo dice a Maria: ‘Nulla è impossibile a Dio’.
La speranza più forte, secondo me, è quella di credere che Dio opera grandi cose anche in quei ragazzi.
Messaggio importante ancor più in un Paese, come la Thailandia, dove il buddismo insegna a rassegnarsi alla vita presente, per espiare le colpe di quella passata e accumulare meriti per quella futura. Il Signore, invece, ci vuole liberi adesso, capaci di prendere in mano la vita e di farla nuova in Cristo”.