M.Michela Nicolais
“Come c’è il dolore personale, così, anche ai nostri giorni, esiste il dolore collettivo di intere popolazioni che, schiacciate dal peso della violenza, della fame e della guerra, implorano pace”. Lo ha detto Leone XIV, nell’omelia della veglia del Giubileo della consolazione, presieduta nella basilica di San Pietro. “È un grido immenso, che impegna noi a pregare e agire, perché cessi ogni violenza e chi soffre possa ritrovare serenità”, l’invito del Papa: “E impegna prima di tutto Dio, il cui cuore freme di compassione, a venire nel suo Regno”. “La vera consolazione che dobbiamo essere capaci di trasmettere è quella di mostrare che la pace è possibile, e che germoglia in ognuno di noi se non la soffochiamo”, l’esortazione di Leone:
“I responsabili delle nazioni ascoltino in modo particolare il grido di tanti bambini innocenti, per garantire loro un futuro che li protegga e li consoli”.
“Il dolore non deve generare violenza; la violenza non è l’ultima parola, perché viene vinta dall’amore che sa perdonare”, l’appello dell’omelia, in cui il Papa si è rivolto alle vittime di violenza e di abusi.
“Anche a voi, fratelli e sorelle che avete subito l’ingiustizia e la violenza dell’abuso, Maria ripete oggi: ‘Io sono tua madre’”,
le sue parole: “E il Signore, nel segreto del cuore, vi dice: ‘Tu sei mio figlio, tu sei mia figlia’. Nessuno può togliere questo dono personale offerto a ciascuno”.
“E la Chiesa, di cui alcuni membri purtroppo vi hanno ferito, oggi si inginocchia insieme a voi davanti alla Madre”,
il mea culpa di Leone XIV: “Che tutti possiamo imparare da lei a custodire i più piccoli e fragili con tenerezza! Che impariamo ad ascoltare le vostre ferite, a camminare insieme. Che possiamo ricevere da Maria Addolorata la forza di riconoscere che la vita non è definita solo dal male patito, ma dall’amore di Dio che mai ci abbandona e che guida tutta la Chiesa”.
“Quanti amiamo e ci sono stati strappati da sorella morte non vanno perduti e non spariscono nel nulla”,
ha garantito il Papa: “La loro vita appartiene al Signore che, come Buon Pastore, li abbraccia e li tiene stretti a sé, e ce li restituirà un giorno perché possiamo godere una felicità eterna e condivisa”.
“Condividere la consolazione di Dio con tanti fratelli e sorelle che vivono situazioni di debolezza, di tristezza, di dolore”, l’imperativo di esordio dell’omelia. “Nel momento del buio, anche contro ogni evidenza, Dio non ci lascia soli; anzi, proprio in questi frangenti siamo chiamati più che mai a sperare nella sua vicinanza di Salvatore che non abbandona mai”, ha assicurato Leone XIV: “Cerchiamo chi ci consoli e spesso non lo troviamo. Talvolta ci diventa persino insopportabile la voce di quanti, con sincerità, intendono partecipare al nostro dolore”. A volte nella vita, “le parole non servono e diventano quasi superflue”, e come diceva Papa Francesco di Maria Maddalena, “gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime”.
“Non bisogna vergognarsi di piangere”,
il monito: “È un modo per esprimere la nostra tristezza e il bisogno di un mondo nuovo; è un linguaggio che parla della nostra umanità debole e messa alla prova, ma chiamata alla gioia”. “Le lacrime sono un linguaggio che esprime sentimenti profondi del cuore ferito”, ha osservato Leone IV: “Le lacrime sono un grido muto che implora compassione e conforto. Ma prima ancora sono liberazione e purificazione degli occhi, del sentire, del pensare”. “Il passaggio dalle domande alla fede è quello a cui ci educa la Sacra Scrittura”, ha spiegato Prevost sulla scorta di Sant’Agostino: “Vi sono domande che ci ripiegano su noi stessi e ci dividono interiormente e dalla realtà. Vi sono pensieri da cui non può nascere nulla. Se ci isolano e ci disperano, umiliano anche l’intelligenza. Meglio, come nei Salmi, che la domanda sia protesta, lamento, invocazione di quella giustizia e di quella pace che Dio ci ha promesso. Allora gettiamo un ponte verso il cielo, anche quando sembra muto”.
“Dove profondo è il dolore, ancora più forte dev’essere la speranza che nasce dalla comunione. E questa speranza non delude”,
l’indicazione di rotta del Papa. “Nella Chiesa cerchiamo il cielo aperto, che è Gesù, il ponte di Dio verso di noi”, ha detto Leone XIV: “Dove c’è il male, là dobbiamo ricercare il conforto e la consolazione che lo vincono e non gli danno tregua”, la proposta: “Nella Chiesa significa: mai da soli. Poggiare il capo su una spalla che ti consola, che piange con te e ti dà forza, è una medicina di cui nessuno può privarsi perché è il segno dell’amore”.