Sindone, studiosa Marinelli: “Operazione mediatica priva di valore scientifico” Le motivazioni

Di Andrea Regimenti

In questi giorni sta facendo il giro dei media internazionali uno studio pubblicato sulla rivista Archaeometry che ipotizza la formazione dell’immagine della Sindone di Torino tramite un bassorilievo medievale, realizzato con tecniche di modellazione 3D. Una notizia che ha acceso il dibattito, generando titoli che parlano di “conferma” dell’origine artificiale del sacro lino. Per Emanuela Marinelli, sindonologa e studiosa tra le più note a livello internazionale, si tratta di un’operazione mediatica priva di fondamento scientifico. Marinelli, in un’intervista ripercorre i punti deboli dello studio di Cicero Moraes, ricorda le evidenze sperimentali che attestano la presenza di sangue umano e tracce compatibili con Gerusalemme, e invita ricercatori e pubblico a un approccio serio e documentato a un reperto unico al mondo.

In questi giorni diversi media hanno rilanciato lo studio pubblicato su Archaeometry che ipotizza la formazione della Sindone tramite un bassorilievo medievale. Come ha accolto questa notizia?
Con un doppio dispiacere, ovviamente. Perché non solo viene diffusa un’affermazione infondata, ma questo avviene tramite Archaeometry, rivista scientifica dell’Università di Oxford che conosco bene, avendo pubblicato proprio con loro nel 2019 l’importante articolo che smentisce la datazione medievale della Sindone. Un lavoro statistico compiuto sui dati grezzi con il ricercatore Tristan Casabianca e due statistici dell’Università di Catania, Benedetto Torrisi e Giuseppe Pernagallo. Ma per il nostro importante lavoro i mass media hanno taciuto, mentre oggi la notizia fasulla è diventata virale.

Secondo lei, perché ciclicamente tornano alla ribalta ipotesi che considerano la Sindone un artefatto medievale, nonostante decenni di studi multidisciplinari?
La Sindone è una reliquia che affascina e commuove. È un testimone forte della passione, morte e resurrezione di Gesù, che ha suscitato molte conversioni. Questo non può che dare fastidio a chi è contrario al cristianesimo. Per questo eliminare l’autenticità della Sindone serve a strappare dal cuore dei fedeli un’immagine autentica di amore e di speranza, di cui abbiamo tanto bisogno in questo tormentato momento. Ma chi ama le tenebre è infastidito dalla luce.

Molti titoli parlano di “conferma” definitiva. Dal suo punto di vista, siamo di fronte a una vera scoperta scientifica o a un’operazione mediatica?
Non è stato scoperto nulla, è solo un’operazione mediatica. L’autore dell’articolo, Cicero Moraes, si limita a una ricostruzione dell’immagine sindonica al computer “utilizzando software open source (e gratuito), disponibile per il download”. Sono le sue parole. Un gioco che qualsiasi ragazzo sarebbe in grado di fare utilizzando quel programma. Non vuole nemmeno fare la fatica di ricostruire la posizione corretta delle mani e dei piedi, che ovviamente sulla Sindone è speculare rispetto al corpo: “La posizione riflessa del modello è stata mantenuta, poiché originariamente la mano posizionata sopra è quella sinistra, non quella destra, come nel modello dello studio attuale. Questo approccio semplifica la creazione di materiale visivo”. Con questo atteggiamento minimale, non si preoccupa certamente del capo chino e delle ginocchia flesse dell’Uomo della Sindone. Il suo modello è tutto disteso, con la mano destra sulla sinistra e il piede destro sul sinistro, al contrario di quello che si deduce dalla Sindone. E non realizza il modello dell’immagine dorsale. Per lui va già bene così.

Lei ha più volte sottolineato l’importanza delle analisi microscopiche e chimico-fisiche sulla Sindone. Quali elementi scientifici fondamentali questo nuovo studio non considera?
A Moraes non interessa altro che partire da una foto della Sindone per ricavare al computer la sagoma del bassorilievo che – secondo lui – fu utilizzato per ottenere l’immagine. Il resto viene trascurato. È lui stesso ad ammettere la vistosa parzialità del suo lavoro: “Lo studio non affronta aspetti fisici o chimici legati alla formazione dell’immagine, come la presenza di pigmenti, analisi microscopiche o proprietà dei materiali del tessuto, né indaga la dinamica dei fluidi corporei, come il flusso sanguigno. L’attenzione è strettamente metodologica, incentrata sulla modellazione digitale e sulla valutazione comparativa dei pattern di contatto osservati”. Moraes dunque non tiene conto di tutti gli aspetti della Sindone, un lenzuolo di lino su cui esistono microtracce di vario genere, come pollini mediorientali, aloe, mirra e aragonite uguale a quella delle grotte di Gerusalemme; su cui è presente sangue umano lasciato dal cadavere che fu avvolto nel telo; e su cui esiste un’immagine che è un’ossidazione e disidratazione superficialissima della cellulosa che compone la stoffa, formatasi dopo che il sangue aveva già macchiato il tessuto. Nessun problema, per Moraes, nell’affermare che l’immagine sindonica sia stata realizzata nel medioevo, nonostante abbia le caratteristiche di un negativo fotografico e codificate informazioni tridimensionali.

La modellazione 3D può davvero sostituire la ricerca sperimentale su materiali reali per determinare l’origine dell’immagine?
Certamente no. Tutte le ricerche condotte al computer – ovviamente mi riferisco a quelle serie – possono fornire un valido aiuto, ma non possono sostituire la ricerca sperimentale su materiali reali.

Lo studio di Moraes e colleghi si inserisce nel filone che interpreta la Sindone come un manufatto artistico medievale. Quali sono, secondo lei, i punti deboli di questa ipotesi?
Non è possibile negare che la Sindone abbia avvolto un cadavere perché il sangue presente proviene da vere ferite. Moraes invece si limita a simulare la stoffa al computer. Il suo scopo è solo smentire la presenza di un cadavere, affermando che un’immagine da contatto è deformata. Ma da tempo questo è già noto, perché quella che vediamo è una proiezione ortogonale del corpo. È un ingiallimento del telo profondo solo 1/5 di millesimo di millimetro, che si spiega con una radiazione ultravioletta ortogonale e questo a Moraes non piace. Meglio per lui ignorarlo. Inutile aggiungere che Moraes non fa cenno a tutte le pubblicazioni scientifiche dello Shroud of Turin Research Project che demoliscono tutto quello che lui sostiene. Nel suo pervicace tentativo di dichiarare falsa la Sindone, Moraes evidenzia pure le presunte incongruenze anatomiche che sarebbero state dimostrate in un altro articolo apparso su Archaeometry la scorsa estate, firmato da Elio Quiroga Rodríguez. Ma astutamente tace sulla critica a quel lavoro che ho pubblicato con Tristan Casabianca e Louis Cador su Archaeometry stessa. È incredibile che i referee di Archaeometry accettino un modo di procedere simile. E che una rivista scientifica pubblichi un’esercitazione fatta al computer senza troppo impegno come fosse un lavoro serio.

Se potesse rivolgere un invito al pubblico e ai ricercatori, quale atteggiamento consiglia nell’approccio a un reperto così unico?
Innanzitutto bisogna studiare quello che è stato pubblicato sulla Sindone da parte dei ricercatori che hanno avuto la possibilità di esaminarla. Sembra incredibile, ma c’è chi parte dai propri pregiudizi e dalle proprie tesi, che si affanna poi a dimostrare con ogni mezzo. Invece bisogna iniziare dall’oggetto e dalle sue caratteristiche già conosciute. Solo così si potrà progredire nella conoscenza di questa reliquia straordinaria.

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