Il Giubileo dei giovani è accessibile: a Roma una rete di accoglienza pensata per tutti

(Foto Siciliani – Gennari/SIR)

“Non si tratta di un’attenzione accessoria, ma di un diritto. E noi abbiamo lavorato perché fosse garantito”. Giuseppe Napolitano, direttore della Protezione civile di Roma Capitale e coordinatore del gruppo volontariato e logistica per il Giubileo, sintetizza così lo spirito con cui è stata progettata l’accoglienza delle persone con disabilità durante il Giubileo dei giovani. Un lavoro cominciato mesi fa, costruito con metodo, attraverso il coinvolgimento attivo di istituzioni pubbliche, realtà ecclesiali, soggetti del terzo settore e la rete della pastorale per la disabilità.

Il cuore dell’impianto organizzativo sarà l’hub accessibile situato sotto il palco centrale dell’evento: una zona climatizzata, attrezzata, presidiata da operatori formati, pensata per accogliere in modo dignitoso e sicuro i giovani con disabilità e i loro accompagnatori.

Ad essa si potrà accedere attraverso navette attrezzate, in partenza da Cinecittà, dove sono state predisposte aree di sosta riservate per autobus e veicoli privati. Lì sarà presente personale dedicato all’accoglienza, all’orientamento e al trasbordo assistito. “La differenza, in questi casi, la fanno i dettagli – sottolinea Napolitano -. Abbiamo provato a costruire un sistema in cui nessuno fosse costretto a rinunciare alla propria partecipazione per mancanza di strumenti”.

Info utili per l’accesso al Giubileo dei giovani
Un’area di sosta dedicata ai veicoli di persone con disabilità è disponibile in viale Palmiro Togliatti, nei pressi di piazza di Cinecittà. Da qui partiranno navette attrezzate per Tor Vergata, attive il 2 agosto (6.00-18.00) e il 3 agosto (4.00-7.00 e 11.00-16.00). Il servizio è riservato a persone con disabilità e un accompagnatore, ed è disponibile anche da stazione Subaugusta (Metro A). Previsti punti di assistenza anche ad Anagnina (Metro A) e alla stazione ferroviaria di Ciampino.

Spazi calmi e mobilità semplificata
Accanto all’hub centrale, saranno allestiti tre “spazi calmi”, tendostrutture da 150 metri quadrati ciascuna, distribuite all’interno dell’area complessiva dell’evento, pari a circa 56 ettari. Si tratta di ambienti silenziosi, accoglienti e attrezzati, pensati per rispondere alle esigenze di persone con disabilità sensoriali, psichiche o motorie, che in determinati momenti possono aver bisogno di tranquillità, riposo o supporto medico e relazionale. A occuparsene saranno volontari formati, personale sanitario e caregiver specializzati. “Le disabilità non sono tutte uguali – ribadisce Napolitano -. Occorre garantire una presenza rispettosa, mai invasiva, ma sempre pronta a intervenire”. Intorno a questo nucleo ruota un sistema di servizi accessori: mappe in comunicazione aumentativa alternativa, simboli a terra per l’orientamento, percorsi semplificati, indicazioni visive e sonore.

Nei principali snodi urbani – stazioni ferroviarie, capolinea autobus, punti turistici – opereranno i cosiddetti “presìdi leggeri”: punti informativi presidiati da volontari della Protezione civile e del servizio civile universale.

Il coordinamento logistico sarà rafforzato da un sistema informativo digitale, integrato con Roma Capitale, che fornirà aggiornamenti in tempo reale e materiali accessibili tramite il sito istituzionale e i canali di mobilità.

(Foto Comune di Roma)

Modello inclusivo per i grandi eventi
La macchina organizzativa messa in campo per il Giubileo dei giovani è il frutto di un percorso che parte da lontano. Già dal Natale scorso, infatti, sono attivi servizi stabili: trasporto gratuito su prenotazione per persone con disabilità, allestimento progressivo dei Padef (Posti avanzati per disabili e fragili), e due procedure di coprogrammazione e coprogettazione previste dal Codice del Terzo Settore, che hanno coinvolto cooperative, associazioni e operatori professionali. “Abbiamo ereditato esperienze positive – spiega Napolitano – e le abbiamo portate a una scala più ampia, valorizzando le competenze migliori”. A garantire il funzionamento dell’intero sistema saranno centinaia di persone: Protezione civile, operatori sanitari, volontari in servizio civile, movimenti ecclesiali, personale comunale. “È una catena di corresponsabilità – aggiunge – in cui ciascuno mette in campo le proprie risorse per un obiettivo condiviso”. Ma la prospettiva non si esaurisce nel breve periodo: “Se a gennaio 2026 potremo dire che questo impianto ha funzionato, forse Roma potrà offrire al mondo un modello: sobrio, replicabile, rispettoso, per l’organizzazione inclusiva dei grandi eventi”. Un Giubileo che lascia un’eredità concreta, capace di generare cultura.

(Foto ANSA/SIR)

Una cultura dell’incontro che parte dal basso
Un ruolo significativo in questo processo è stato il ruolo di suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Conferenza episcopale italiana. Suor Donatello coordina, per il Giubileo, le attività di supporto ai pellegrini disabili e fragili: dalla pianificazione dei servizi nell’area di Tor Vergata alla gestione dell’hub centrale e del punto accoglienza presso il parcheggio navette. “Sono grata al Signore – racconta – per aver vissuto un’esperienza che mi ha arricchita profondamente. Il Giubileo ci ha costretto a passare dalla teoria alla concretezza, a costruire soluzioni a partire dai bisogni reali delle persone”. La responsabile sottolinea il valore della libertà di scelta:

“Una persona con disabilità arriva e sa di avere più opzioni. Può riposare in una tenda climatizzata, accedere ai bagni attrezzati, trovare lettini per sdraiarsi, carrozzine elettriche, postazioni per ricaricare dispositivi medici. Tutto è stato pensato con accomodamenti ragionevoli”.

La progettazione è stata alimentata da segnalazioni puntuali, raccolte da famiglie, diocesi e associazioni, e condivise tra Dicastero per l’evangelizzazione, Protezione civile e istituzioni. “La disabilità ha unito – afferma -. Ha creato relazioni nuove tra volontari, operatori, organizzatori. È la prova che un evento mondiale può essere davvero per tutti, senza lasciare nessuno indietro”. La religiosa parla di un “salto culturale”: un evento pensato fin dall’inizio con il Dicastero in modo accessibile, dalla lingua dei segni alla comunicazione semplificata. “Il dono più grande – conclude – sarà vedere il Papa circondato da giovani, ciascuno con la propria fragilità e speranza. Perché quando offriamo ai giovani un contesto dove possono fiorire, diventano davvero germogli di futuro”.

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