La Siria di oggi vive tra speranza e incertezza. Gli anni lunghi di un conflitto terribile hanno danneggiato, a volte in modo grave, quel mosaico di convivenza esemplare che è sempre stato il Paese, chiamato adesso a ricucire il suo tessuto sociale attuando programmi urgenti e decisivi per disinnescare l’odio e la sete di vendetta. Questa è una grande e urgente sfida per la Siria, per la comunità internazionale e anche per le religioni, in particolare per musulmani e cristiani”.

Lo ha detto il card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, nel suo intervento al meeting sulle prospettive future per la Siria, svoltosi nei giorni scorsi a Bruxelles e promosso dall’europarlamentare e vicepresidente del gruppo del Partito popolare europeo (Ppe), Massimiliano Salini, con la partecipazione, tra gli altri anche dell’ong Avsi.

Il nunzio, da 17 anni in Siria, ha fatto il punto sulla situazione interna del Paese, dopo la caduta del regime del presidente Bashar Al Assad e l’avvento, l’8 dicembre dello scorso anno, del governo ad interim in Siria guidato da Ahmed al Sharaa: “un cambiamento politico inaspettato”, sostenuto – ha spiegato – anche dalla comunità internazionale, “dopo un iniziale momento di riserva e di attesa”.

A riguardo il recente alleggerimento delle sanzioni, deciso dal presidente Usa, Donald Trump, rappresenta “un soffio di speranza per la Siria”, ma, ha rimarcato, “arrivato troppo tardi per tantissimi bambini, anziani, malati, privati del cibo, delle medicine, degli ospedali, delle scuole”. Così, accadeva che, “per un meccanismo perverso”, da una parte “si vedevano file di persone in attesa davanti ai panifici sovvenzionati dallo Stato e altri che frugavano tra i bidoni della spazzatura”, dall’altra si notavano anche “auto di lusso, come mai prima d’ora, per le strade della Siria, hotel da 5 stelle pieni all’inverosimile, e boutique che vendono beni di lusso proprio come a Parigi e Londra”.

A deturpare ulteriormente il mosaico siriano è stato, secondo il nunzio, “l’orribile massacro di diverse migliaia di civili – per lo più alawiti – avvenuto agli inizi di marzo di quest’anno, in varie località lungo la costa mediterranea. A causa di questo e di altri eventi, alcuni siriani non si sentono più al sicuro. Altri si sentono discriminati, ad esempio sul lavoro. E mentre alcuni rifugiati tentano di tornare in Siria, altri, sentendosi ancora insicuri, stanno cercando di lasciare il paese”.

“La nomina di una Commissione indipendente di inchiesta per fare luce sui massacri, e di altre per le persone scomparse, per la cosiddetta ‘Giustizia di transizione’ e, su richiesta urgente della comunità internazionale, per l’inclusione, sono decisioni con cui le nuove Istituzioni cercano di risolvere questi gravi problemi, ma non sempre con successo”.

“La strada da percorrere – ha concluso il card. Zenari – è ancora lunga. Tutte queste iniziative necessarie e urgenti possono aiutare — in qualche modo — a ricomporre il mosaico sociale seriamente compromesso da tanto odio e sete di vendetta seminati nei cuori di molte persone. Sono previsti progetti grandiosi — per ricostruire villaggi, quartieri e infrastrutture principali — e si spera in un boom economico. Tuttavia, questi ambiziosi programmi di ricostruzione non saranno sufficienti a meno che le profonde ferite personali non vengano guarite e il tessuto sociale della Siria non venga ricucito”.

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