
Di Marco Calvarese
In occasione del Giubileo dello sport abbiamo incontrato una figura amata e autentica dello sport italiano: Odette Giuffrida, judoka due volte medagliata olimpica, campionessa mondiale e testimone luminosa di fede e determinazione. La sua storia non è solo un viaggio tra medaglie e tatami, ma un percorso umano e spirituale che parla di cadute, rinascite e della forza di un’identità radicata non solo nello sport, ma nell’essere profondamente “figlia di Dio”. Con lei abbiamo parlato di successi, sfide, fede e del valore profondo dello sport come scuola di vita.
Quando e come hai scelto il judo come attività sportiva nella tua vita?
Ho iniziato quando avevo sei anni e in realtà la scelta è venuta dalla sensazione di felicità e libertà che mi ha subito dato questo sport. Ne ho provati molti altri prima. Ho due fratelli, uno di loro faceva il judo e lo vedevo tornare a casa sempre molto felice mentre raccontava ai miei genitori. È questa felicità che mi ha incuriosito e che poi, quando ho levato le scarpe e sono salita sul tatami, ho sentito fortemente nel cuore, proprio quando ho iniziato a fare il judo.
È un po’ invidioso adesso tuo fratello?
No, non è invidioso ma si prende tutti i meriti, ogni volta ripete: ricordati che è merito mio.

(Foto Emanuele Di Feliciantonio)
Tu sei una delle atlete più amate e rappresentative proprio del judo italiano. Guardandoti indietro quali sono i momenti che consideri più significativi del tuo percorso sportivo? Diciamo che ogni momento è stato veramente molto importante, dalle varie sconfitte alle varie cose che mi sono successe. Il momento che più ricorderò, più di qualsiasi Olimpiade, è stato lo scorso anno quando ho vinto il mondiale, per me era il mio sogno più grande. Avevo una promessa da mantenere con mia nonna e diciamo che sarebbe stato il mio ultimo mondiale. A 30 anni, dopo varie sconfitte in cui non sono mai riuscita a esprimermi al meglio, al mondiale finalmente ce l’ho fatta. Quindi per meè stata una cosa che mi ha segnato tanto, anche nella vita, perché mi ha testimoniato come sia stato il tempo di Dio, cioè quando Dio ti sta preparando a quel momento attraverso tutto un processo.Questo è in assoluto il momento che ricordo con una felicità che è difficile da spiegare ma è una sensazione che mi riempie il cuore. Poi ce ne sono tantissimi altri che ricordo, come la prima olimpiade a Rio, quando c’erano i miei genitori sugli spalti e davanti ai loro occhi finalmente ero riuscita a vivere tutto ciò che continuavo a immaginare nella testa da quando ero piccolina. Ma anche il momento in cui il mio allenatore dopo Rio ha deciso di smettere di allenarmi e dedicarsi alla famiglia, quindi mi sono ritrovata sola a preparare Tokyo girando in varie palestre d’Italia e del mondo. Sono tanti i momenti significativi, ognuno ha un’importanza differente ma è fondamentale.
Ci sono anche momenti non proprio belli nella tua carriera sportiva, come quello vissuto a Parigi 2024, con delle controversie arbitrali avute nella semifinale e nella finalina per il bronzo con la stessa arbitra?
C’è una cosa che continuo a pensare, quando alla fine della giornata vado a dormire ed ho dato tutta a me stessa: siamo nelle mani di Dio. Quindi quando va così, io sono in pace con me stessa e va bene così.Ho imparato tante cose anche da momenti in cui mi è stato tolto non per mio demerito, come l’ultima Olimpiade. Non ho vinto la medaglia ma ci sono tante altre cose che ho imparato e che forse, ad oggi, ne valevano di più la pena.
Vieni definita una “atleta di Cristo”: ci puoi spiegare perché questa definizione?
Questa è una cosa che gira da quando ero più piccolina. In realtà più che un’atleta di Cristo sono “figlia di Dio”.Alcune persone mi vedono come campionessa di judo, altre persone mi vedono come una sorella o un’amica, però penso che la mia identità più forte in assoluto è che sono figlia di Dio: è la cosa che più mi identifica.Atleta di Cristo perché quando ho capito quali erano i miei talenti e quale il proposito, ho realizzato che era stato il Signore ad avermi dato quel talento, quel carattere ed avermi messa in determinate circostanze per il suo proposito. Quindi io do tutta mi stessa e cerco di essere la migliore atleta possibile, per poi testimoniare come il suo amore può cambiare le nostre vite.

(Foto Emanuele Di Feliciantonio)
Da dove nasce il tuo rapporto con la fede?
Ho una famiglia credente ma la mia fede si è sviluppata un po’ da sola. Mia nonna era molto credente. Mi portavano al catechismo, come tantissime altre famiglie soprattutto italiane che battezzano i figli e fanno frequentare loro la chiesa, ma la mia fede è arrivata dalle mie esperienze di vita che mi hanno fatto capire e vivere l’amore di Dio. L’evento più significativo è arrivato in un periodo difficile della mia vita, durante il quale mi stava succedendo di tutto e mi ero fatta male al polso e al ginocchio. Avevo deciso di fare un viaggio in Brasile dove ho due amiche, una venezuelana e l’altra brasiliana, proprio la ragazza con cui ho fatto la finale all’Olimpiade (Larissa Pimenta, ndr), e un giorno dopo l’allenamento ci ha chiesto se volevamo accompagnarla in chiesa. Quando sono entrata era un po’ come se avessi un appuntamento senza saperlo. Ho sentito un’ondata dentro di me, come se qualcosa fosse cambiato.Ho iniziato a vedere il Signore come mio padre, e mi sono sentita sua figlia. Ho iniziato a conoscere il rapporto vero, non quello più superficiale, e da lì mi è venuta proprio fame di conoscerlo sempre di più.Ogni giorno consultavo l’applicazione della Bibbia o YouTube e piano piano è cambiato tutto. Adesso sono nelle sue mani ed è cambiato tutto, anche nello sport. Io do tutta me stessa e so che quando Dio vuole le cose succedono.
Oggi molti giovani faticano a trovare modelli positivi e motivazione. Che messaggio vorresti lanciare a chi sogna una carriera nello sport, ma anche a chi cerca speranza nella vita quotidiana?
Purtroppo oggi i social network offrono dei modelli di paragone che inducono i giovani a vedere il campione come un modello da copiare. Magari proprio perché vedi una persona di 25 anni che ha già vinto ed è felice. Per questo motivose dovessi dare un consiglio ai giovani, è quello di smettere di cercare di essere come qualcuno che hanno visto sui social. Sicuramente bisogna prendere esempio dalle persone giuste, però non cercare di avere le loro storie, ma crearsi la propria storia, perché ognuno di noi ne ha una. Il Signore dà un proposito speciale ad ognuno di noi, quindi bisogna solo crederci, lavorare, non paragonarsi con gli altri ed avere la consapevolezza che ognuno di noi è speciale.

(Foto Emanuele Di Feliciantonio)
Guardando al futuro, quali sono i tuoi prossimi obiettivi, sia sportivi che personali?
Dopo le Olimpiadi di Parigi non ho voluto pormi un obiettivo a lungo termine. Sto vivendo un appuntamento alla volta cercando di capirmi di stare bene e di capire anche qual è il mio proposito. In questo momento sto vivendo molto il presente. Il mio prossimo obiettivo è il mondiale tra qualche giorno e poi si vedrà.
Le parole di Odette Giuffrida ci ricordano che lo sport, vissuto con cuore aperto e spirito libero, può diventare un terreno di crescita, di riscatto e di fede. Nel suo racconto, il judo non è solo tecnica o competizione, ma linguaggio d’amore, di sacrificio e di testimonianza. In questo Giubileo dello sport, la sua voce ci invita a guardare oltre il risultato, per riscoprire il valore di ogni caduta, la bellezza di ogni rialzarsi, e soprattutto la certezza che – come ci ricorda lei stessa – ognuno ha una storia unica da scrivere, nelle mani di Dio.
0 commenti