
Di M.Michela Nicolais
Aprire le frontiere: dentro di noi, nelle nostre relazioni, tra i popoli. Nel mondo e anche nella Chiesa, perché “siamo davvero la Chiesa del Risorto e i discepoli della Pentecoste soltanto se tra di noi non ci sono né frontiere e né divisioni, se nella Chiesa sappiamo dialogare e accoglierci reciprocamente integrando le nostre diversità, se come Chiesa diventiamo uno spazio accogliente e ospitale verso tutti”. E’ l’invito di Leone XIV, nell’omelia della messa di Pentecoste, presieduta in piazza San Pietro davanti a 80mila persone che hanno partecipato al Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità.
“Solo un cuore pacifico può diffondere pace, in famiglia, nella società, nelle relazioni internazionali”, l’appello durante il Regina Caeli: “Lo Spirito di Cristo risorto apra vie di riconciliazione dovunque c’è guerra; illumini i governanti e dia loro il coraggio di compiere gesti di distensione e di dialogo”.
“A Pentecoste le porte del cenacolo si aprono perché lo Spirito apre le frontiere”, ha spiegato il Papa, che all’inizio dell’omelia – in cui ha espresso “dolore” per i femminicidi – ha citato Benedetto XVI, il quale affermava: “Lo Spirito Santo dona di comprendere. Supera la rottura iniziata a Babele – la confusione dei cuori, che ci mette gli uni contro gli altri – e apre le frontiere. La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati. Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo”. “Lo Spirito apre le frontiere anzitutto dentro di noi”, ha commentato il Pontefice: “È il dono che dischiude la nostra vita all’amore. E questa presenza del Signore scioglie le nostre durezze, le nostre chiusure, gli egoismi, le paure che ci bloccano, i narcisismi che ci fanno ruotare solo intorno a noi stessi. Lo Spirito Santo viene a sfidare, in noi, il rischio di una vita che si atrofizza, risucchiata dall’individualismo”.
“È triste osservare come in un mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di fare rete, sempre immersi nella folla restando però viaggiatori spaesati e solitari”,
il grido d’allarme del Papa. “E invece lo Spirito di Dio ci fa scoprire un nuovo modo di vedere e vivere la vita”, ha assicurato: “ci apre all’incontro con noi stessi oltre le maschere che indossiamo; ci conduce all’incontro con il Signore educandoci a fare esperienza della sua gioia; ci convince che solo se rimaniamo nell’amore riceviamo anche la forza di osservare la sua Parola e quindi di esserne trasformati. Apre le frontiere dentro di noi, perché la nostra vita diventi uno spazio ospitale”.
“Quando l’amore di Dio abita in noi, diventiamo capaci di aprirci ai fratelli, di vincere le nostre rigidità, di superare la paura nei confronti di chi è diverso, di educare le passioni che si agitano dentro di noi”,
ha affermato Leone XIV. “Lo Spirito trasforma anche quei pericoli più nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i pregiudizi, le strumentalizzazioni”, la tesi del Papa:
“Penso anche – con molto dolore – a quando una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull’altro, un atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi e recenti casi di femminicidio”.
Lo Spirito Santo, invece, “fa maturare in noi i frutti che ci aiutano a vivere relazioni vere e buone: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. “Lo Spirito allarga le frontiere dei nostri rapporti con gli altri e ci apre alla gioia della fraternità”, ha osservato Leone XIV: “E questo è un criterio decisivo anche per la Chiesa”, il monito. Dove c’è l’amore, infatti,
“non c’è spazio per i pregiudizi, per le distanze di sicurezza che ci allontanano dal prossimo, per la logica dell’esclusione che vediamo emergere purtroppo anche nei nazionalismi politici”.
Dopo il caos di Babele, grazie all’armonia generata dallo Spirito “le differenze, quando il Soffio divino unisce i nostri cuori e ci fa vedere nell’altro il volto di un fratello, non diventano occasione di divisione e di conflitto, ma un patrimonio comune da cui tutti possiamo attingere, e che ci mette tutti in cammino, insieme, nella fraternità”. “Lo Spirito infrange le frontiere e abbatte i muri dell’indifferenza e dell’odio”, ha garantito il Pontefice, che poi ha citato le parole di Papa Francesco:
“Oggi nel mondo c’è tanta discordia, tanta divisione. Siamo tutti collegati eppure ci troviamo scollegati tra di noi, anestetizzati dall’indifferenza e oppressi dalla solitudine”. “E di tutto questo sono tragico segno le guerre che agitano il nostro pianeta”,
ha commentato lanciando un appello: “Invochiamo lo Spirito dell’amore e della pace, perché apra le frontiere, abbatta i muri, dissolva l’odio e ci aiuti a vivere da figli dell’unico Padre che è nei cieli”. ”E’ la Pentecoste che rinnova la Chiesa e il mondo!”, ha concluso Leone XIV: “Il vento gagliardo dello Spirito venga su di noi e in noi, apra le frontiere del cuore, ci doni la grazia dell’incontro con Dio, allarghi gli orizzonti dell’amore e sostenga i nostri sforzi per la costruzione di un mondo in cui regni la pace”.
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