“L’introduzione dell’attuale sistema di finanziamento della Chiesa cattolica, in particolare del sostentamento del clero, può essere e deve essere considerato un vero spartiacque”. Lo ha affermato oggi pomeriggio mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, intervenendo a Bologna al convegno nazionale “1985-2025 – Quarant’anni di sostentamento del clero: ieri, oggi e domani”, promosso dall’Icsc a quarant’anni dalla legge n. 222/1985 che ha riformato i rapporti tra Stato e Chiesa, superando il sistema della congrua e dei benefici ecclesiastici.
L’allora mons. Nicora – ha ricordato il presule – scrisse che “C’è un prima e c’è un dopo”, “a cui – ha commentato – dobbiamo fare riferimento, perché questo caso emblematico di solidarietà realizzata attraverso lo strumento del diritto concordatario, presupponeva un determinato sistema e ha mirato a costituirne un altro, un sistema di solidarietà realizzato attraverso lo strumento concordatario, che per questo deve essere custodito”. Per Baturi, “il concreto funzionamento del finanziamento e del sostentamento del clero è una sorta di specchio in grado di riflettere l’autocomprensione della Chiesa, il suo rapporto con lo Stato, la sua posizione rispetto ai ministri e ai fedeli”. “Anche in questo settore dei rapporti con lo Stato – ha spiegato – è determinante il concetto di Chiesa che si assume e anche il tipo di figura concreta che la Chiesa vuole sviluppare nei rapporti con i propri ministri e i fedeli”. “Ma in modo speculare – ha proseguito –, lo stesso possiamo dire anche per lo Stato, perché il tema del finanziamento alla Chiesa, un termine un po’ improprio, è uno dei capitoli più delicati e controversi della sua politica da sempre, perché è intimamente connesso alla concreta figura dello Stato che si struttura e al modo in cui si realizzano i principi di laicità e rispetto della libertà religiosa”. Definendo “rivoluzione” ciò che successe 40 anni fa, il segretario generale della Cei ha rilevato che “il sistema attuato in Italia 40 anni fa è stato anche considerato interessante e adottato anche in altri contesti politici ed ecclesiali, soprattutto dopo l’89”. “Lo strumento concordatario – ha ricordato Baturi – è uno strumento di finanziamento della libertà religiosa, quindi della libertà religiosa in forma istituzionale e associata. Questo cambio di sistema è realizzato attraverso la stipulazione dell’accordo del 18 febbraio 1984 tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, la cui firma concludeva un lavoro lungo e travagliato”, considerato che “anche nel mondo cattolico vi furono polemiche non da poco”. Ripercorrendo l’iter che portò al nuovo sistema, il segretario generale della Cei ha rammentato poi come quello messo in campo sia stato un impegno “tale che si giunge a dire che la Chiesa è pronta a rinunciare all’esercizio anche dei diritti legittimamente acquisiti, se il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze suggeriscono altre modalità. Si passa su questi presupposti ad una revisione dei rapporti con lo Stato, che può essere detta il superamento dei ‘pacta unionis’ ai ‘pacta libertatis et cooperationis’, si passa da un patto di unità a un patto di cooperazione e di libertà”. “ L’ambizione dell’accordo dell’84 – ha proseguito – era quella di delineare proprio un assetto di reciproca libertà e di mutua cooperazione”. Rispetto al “sistema della congrua”, ha ricordato, la Cei era convinta che fosse il tempo di “voltare pagina e questo era del resto l’indirizzo chiaramente assunto dal Concilio Vaticano II”.
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