
Nata a Cuba e residente da anni a Marzabotto, Yuleisy Cruz Lezcano è una figura nel panorama culturale contemporaneo: poetessa e scrittrice pluripremiata, ma anche biologa, infermiera e professionista della salute impegnata in prima linea contro la violenza di genere. Con un percorso che intreccia scienza e umanesimo, letteratura e attivismo, la sua voce poetica ha conquistato spazi in Italia e all’estero, portando messaggi di resistenza, memoria, identità e giustizia sociale. Il suo ultimo libro, “Di un’altra voce sarà la paura” (Leonida Edizioni, 2024), candidato al Premio Strega, è il fulcro di un progetto educativo itinerante che unisce parola, consapevolezza e cambiamento. In questa intervista, ci racconta il suo percorso e la sua visione del mondo.
La sua biografia unisce due mondi che spesso si considerano separati: quello scientifico e quello poetico. In che modo queste due dimensioni si nutrono a vicenda nel suo percorso?
La mia vita ha davvero intrecciato due universi che spesso vengono visti come opposti: la scienza e la poesia. Quando sono arrivata in Italia negli anni ’90, ho scelto la via della cura: prima come infermiera, poi come biologa. Lavorare nella sanità pubblica a Bologna mi ha dato un arricchimento umano immenso. Ma nel 2012, un evento traumatico mi ha portata a scrivere con urgenza: avevo bisogno di dare voce al mio vissuto. La scienza mi aiuta a comprendere la realtà con rigore e metodo, mentre la poesia mi permette di restituirla con empatia e bellezza. Sono due facce della stessa medaglia, che si alimentano a vicenda.
Nel suo ultimo libro “Di un’altra voce sarà la paura”, la poesia diventa anche uno strumento di educazione e lotta sociale. Com’è nato questo progetto itinerante?
Questo libro nasce dal desiderio di dare voce alle vittime di violenza, di raccontare la loro realtà spesso taciuta. Ho voluto che la poesia fosse strumento di denuncia e di rinascita, ma anche un mezzo educativo. Il progetto itinerante porta la poesia nei territori, creando momenti di ascolto e confronto. La parola poetica ha la forza di sensibilizzare, ma anche di scuotere.
Non parlo di autoaiuto in senso consumistico: il mio è un appello a istituzioni, educatori e politici. Dobbiamo agire sulle strutture culturali. Servono percorsi di educazione sentimentale nelle scuole, che insegnino il rispetto, non il possesso.
E’ impegnata in un master sulla gestione della violenza in ambito sociale, sanitario ed educativo. Quanto conta, secondo lei, la parola poetica in questo ambito?
La poesia ha una funzione trasformativa: ci permette di vedere e sentire con occhi nuovi. Nel contrasto alla violenza, può aprire canali emotivi che la sola razionalità non riesce a raggiungere.
Il mio studio unisce poesia e modelli scientifici, come quello dei sistemi complessi di Capra o la sociologia di Luhmann. Anche la prossemica e il linguaggio paraverbale possono offrire strumenti preziosi nella prevenzione. Credo profondamente nella comunicazione positiva: è la base per prevenire la rabbia e quindi anche l’aggressione. La parola poetica può essere una goccia, ma molte gocce fanno l’oceano.
Le sue opere sono spesso bilingue. Che cosa significa, oggi, essere una poeta migrante in Italia?
Essere una poeta migrante in Italia oggi significa abitare un’identità complessa. La mia scrittura è un ponte tra culture, tra Cuba e l’Italia, tra passato e presente. La poesia bilingue è un atto politico: afferma la possibilità di essere molte cose insieme. Racconta il viaggio, la resistenza, l’arricchimento reciproco. Attraverso le mie parole cerco di costruire una società più inclusiva, in cui le differenze siano risorsa, non ostacolo.
Ha ricevuto numerosi premi internazionali e partecipa a festival di poesia in tutto il mondo. Qual è il valore universale della poesia, al di là delle differenze?
La poesia parla alle emozioni più profonde e ci ricorda che siamo tutti umani. È un linguaggio immediato, capace di superare le barriere culturali e linguistiche. Ai festival, ho visto come poesie nate in un contesto possano risuonare anche in ambienti totalmente diversi. La poesia crea ponti, costruisce empatia, genera connessioni. Questo è il suo valore più grande.
In molte sue raccolte emerge una forte attenzione alla memoria, al dolore collettivo e alla condizione femminile. Quali esperienze nutrono maggiormente la sua scrittura?
La mia scrittura nasce da un’esperienza vissuta e osservata. La memoria è un legame con la mia famiglia, con Cuba, con le tradizioni. Il dolore collettivo viene dal mio lavoro nel sistema sanitario, dalle ingiustizie che vedo ogni giorno. Essere donna e artista mi ha esposta a discriminazioni, ma anche a una forza creativa profonda. La mia poesia è un atto di resistenza, uno spazio per condividere storie di lotta, speranza e dignità.
E’ anche redattrice, giurata e traduttrice: un lavoro fondamentale ma spesso invisibile. Che valore ha per lei questo impegno?
Questi ruoli mi permettono di agire come mediatrice culturale. Come redattrice, aiuto gli autori a esprimersi al meglio; come giurata, sostengo nuovi talenti; come traduttrice, creo connessioni tra mondi. Ho tradotto in italiano autori cubani e latinoamericani poco noti in Italia, e in spagnolo autori italiani che stimo. Questo lavoro dietro le quinte è essenziale: crea ponti tra autori e lettori e promuove un dialogo letterario più ampio e inclusivo.
Cosa porta con se della cultura cubana e dell’identità afrocaraibica nella sua poetica?
Porto il ritmo, la musicalità, il canto delle radici. La rumba, il son, i canti popolari vivono nella mia voce poetica. L’identità afrocaraibica mi ispira nella resistenza, nella forza collettiva, nella lotta per l’identità. Celebro la mia eredità con orgoglio, come un atto di memoria e di affermazione. Voglio che la mia poesia mantenga vivo quel patrimonio e lo offra al mondo.
Guardando al futuro, quali progetti letterari o sociali le stanno più a cuore in questo momento?
Voglio continuare a scrivere, partecipare a festival, condividere parole che raccontano le mie radici e le lotte della mia comunità. Ma soprattutto, desidero sviluppare progetti educativi rivolti ai giovani. Voglio creare spazi di espressione e di consapevolezza, in cui cultura e identità possano diventare strumenti di emancipazione. Il mio sogno è che la poesia continui a essere un atto d’amore verso l’umanità e un seme di cambiamento.
0 commenti