Foto Eparchia Lungro

“La persona di Gesù non ha mai smesso di affascinare il mondo. La sua venuta nel mondo ha cambiato la storia, ha suscitato domande, ha anche creato rifiuto e opposizione. In ogni tempo, insomma, in un certo senso Gesù ci ha costretto a prendere una posizione nei suoi confronti”. È quanto scrive il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, in una riflessione dedicata ai 1700 anni del Concilio di Nicea (20 maggio 325) e diffusa oggi, giorno in cui, in tutto il mondo, le Chiese ricordano e celebrano l’evento “forse più importante nella storia della Chiesa, dopo la nascita stessa della Chiesa”. Il Concilio di allora, scrive il cardinale, “vide riuniti i vescovi della Chiesa del tempo, e ha dato forma alla fede cristiana per tutte le generazioni che sono seguite. Da allora, ininterrottamente, in tutte le chiese, ogni cristiano, ogni credente in Cristo, pronuncia quelle stesse parole e nutre la sua fede con quelle stesse espressioni”. “Accogliere Gesù come Figlio di Dio, e Dio stesso”, è stata, per il patriarca Pizzaballa, “una novità dirompente per il mondo culturale del tempo. Si trattava di qualcosa totalmente inconcepibile, eppure allo stesso tempo di qualcosa che continuava ad affascinare credenti di tutto il mondo. 1700 anni fa, a Nicea, la Chiesa, in un contesto religioso, culturale e politico non meno problematico di oggi, ebbe il coraggio e l’audacia di dare finalmente una forma alla fede, che fosse comune per tutti, ma allo stesso tempo chiara, coniando anche terminologia nuova, capace di racchiudere, per quanto possibile, dentro quelle parole, il mistero dell’Incarnazione”. Nicea, ricorda il patriarca, “è stato il momento in cui la Chiesa è stata capace di interpretare il bisogno di dire la fede, di esprimerla secondo le categorie culturali del tempo”. Oggi, come allora, annota il patriarca, “viviamo in tempi non molto dissimili rispetto a 1700 anni fa. Da un lato le complessità politiche e logiche di potere mondano, che assoggettano interi popoli, sfidano enormemente la vita delle Chiese. Ma anche il mondo culturale e le varie istanze di quella che noi oggi chiamiamo ‘modernità’ interrogano la vita di tutte le nostre rispettive chiese”. In questo contesto, rimarca Pizzaballa, “siamo tutti chiamati, come unica Chiesa di Cristo a dare una risposta alle domande che l’uomo di oggi si pone. La nostra risposta è la stessa di sempre e non cambierà mai. Cristo è la risposta. Ma come 1700 anni fa, siamo chiamati oggi a saper dire la nostra fede in Cristo in maniera coraggiosa e audace, comprensibile e chiara”. Ciò non significa “riscrivere il credo di Nicea, ma rendere credibili e comprensibili al mondo culturale odierno quelle parole e quelle espressioni. Dovremo certo continuare a dire che Cristo è l’unigenito Figlio di Dio, generato e non creato, della stessa sostanza del Padre, che lo Spirito ci ha donato. E che nella Chiesa, Corpo di Cristo, una, santa, universale e apostolica lo possiamo ancora oggi incontrare”. E per dare “concretezza e vitalità, comprensione e credibilità” ribadisce il cardinale, c’è solo un modo, “la testimonianza” dei membri della Chiesa”. Sarà allora che le parole e le espressioni del Credo di Nicea, “inizialmente così oscure, diventeranno luminose, e continueranno ad illuminare la vita anche per il mondo che verrà”.

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