«Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”. Gli dissero: “Veniamo anche noi con te”. Allora uscirono e salirono sulla barca, ma quella notte non presero nulla».
Inizia così il brano evangelico che la liturgia ci propone questa Domenica.
«Dopo questi fatti…»: quali sono i fatti a cui l’evangelista Giovanni si riferisce?
I fatti sono i tre anni trascorsi dagli apostoli con Gesù, ovvero tutto il tempo della sua predicazione. I fatti sono la passione e morte di Gesù; i fatti sono la sua resurrezione, le sue apparizioni a Maria di Magdala, agli apostoli, ai discepoli…
Dopo tutti questi fatti – potremmo dire nonostante tutti questi fatti -, cosa accade? Accade che gli apostoli tornano indietro a quello che erano prima, ritornano a pescare, ritornano alla loro storia di sempre.
Pietro è il primo a dare le dimissioni: ha fallito come pescatore di uomini, vuole tornare a fare il pescatore di pesci. Ma le sue reti restano irrimediabilmente vuote proprio come agli inizi, proprio come quella notte di tre anni prima, la notte che precedette il suo primo incontro con Gesù e la sua chiamata a seguirlo. Anche questa volta le reti sono vuote, la pesca è stata un fallimento.
Ma proprio in questo momento, al culmine della rassegnazione, proprio nel fondo di questa rassegnazione, arriva ancora una volta il Signore. Perché una volta che Dio ti ha toccato puoi abbandonarlo, puoi tornare a quello che facevi prima, ma rimani senza tutto.
E comunque c’è un Dio che non vuole fare senza di te: quando tu ti metti via, Lui ti viene a tirar fuori, quando tu ti stanchi di Lui, Lui non si stanca di te.
Infatti, «quando era già l’alba, Gesù stette sulla riva ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli risposero: “No”. Allora egli disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci».
È a questo punto che i discepoli riconoscono il loro Signore, ma questo è solo l’inizio di un percorso di avvicinamento, di riconoscimento, di intimità che Gesù chiederà loro, soprattutto a Pietro.
Infatti, Gesù comincia a parlare con lui: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Pietro risponde: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gesù usa un verbo particolare, quello dell’amore grande, del massimo possibile, Pietro risponde con il verbo umile dell’amicizia.
Gesù prova di nuovo: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Rimane il verbo grande dell’amore assoluto, ma, a differenza della prima domanda, non c’è più il termine di confronto con gli altri discepoli. Pietro si aggrappa ancora una volta all’amicizia, così umana, così rassicurante: Signore ti voglio bene, ti sono amico, lo sai.
Nella terza domanda, Gesù abbassa ancora il tiro, scende ancora: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Gesù si abbassa alla comprensione di Pietro, fino a che le esigenze di Pietro, la sua fatica, la sua tristezza, diventano più importanti delle esigenze stesse di Gesù.
E Gesù consegna a questo Pietro i suoi agnelli, le sue pecore, la sua Chiesa, perché, ora, Pietro è pronto ad accompagnare i fratelli, ora che conosce il suo limite, ora che non si lancia più, come qualche tempo prima, in spericolate quanto ingenue manifestazioni di fede.
L’ultima parola di Gesù a Pietro è come quella che gli ha rivolto tre anni prima, all’inizio della loro storia, «Seguimi». Perché alla fine ci servirà solo l’aver seguito Lui. E questo non è questione di coerenza, di buona condotta, di retta morale che ci vengono chieste, ma di una relazione, di un rapporto, di un’amicizia, di un amore…con il Dio della vita.
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