DIOCESI – Pubblichiamo la lettera della Caritas della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto.
Caro Amir,
ti scrivo oggi pensando al tuo lungo e difficile viaggio dal Pakistan fino a qui, e alle speranze che porti con te. La tua storia, segnata dalla fuga da un Paese in guerra con sè stesso, dalla dura permanenza nei campi in Turchia e dalla disumanità rotta balcanica, è un potente monito sulle difficoltà che troppe persone affrontano nel tentativo di costruirsi una vita dignitosa per sé ed i propri cari.
Ricordo, ancora, le tue parole sul desiderio di lavorare, di inviare denaro alla tua famiglia, di integrarti in questa nuova realtà. Ed è proprio su questo desiderio – tanto umano quanto fondamentale – che vorrei soffermarmi rivolgendomi, non solo a te, ma a tutta la nostra comunità.
Nel nostro Paese, caro amico Amir, percepiamo spesso un contrasto stridente: da un lato serpeggiano, ancora, il sospetto e il pregiudizio verso chi arriva da terre lontane; dall’altro la realtà ci pone di fronte a una crescente necessità di manodopera in settori cruciali come l’agricoltura, l’allevamento, l’edilizia e l’artigianato, in cui fatichiamo a trovare lavoratori italiani.
Tu, come tanti altri, porti con te la volontà di contribuire, di mettere al servizio del paese che ti ospita le tue capacità. Ma il tuo desiderio di lavorare, purtroppo, si scontra spesso con ostacoli che vanno ben oltre la semplice ricerca di un impiego. Penso in particolare alla questione della sicurezza sul lavoro: un tema cruciale che, in questo Primo Maggio, sale con prepotente forza alle cronache, ricordandoci le troppe vite spezzate.
È giusto e necessario che i datori di lavoro investano più risorse sia nella prevenzione che in corsi di formazione sulla sicurezza. L’attenzione sulla salute e, quindi, sulla vita di ogni lavoratore sono priorità inderogabili in una società moderna e civile. Ma, come puoi essere consapevole dei tuoi diritti – tra i quali ritengo fondamentale lavorare in sicurezza- se la barriera linguistica ti impedisce di comprenderli appieno?
Ed ecco, che riemerge un altro problema: quello dell’apprendimento della lingua italiana. Conosco la dedizione e l’umanità degli insegnanti che si impegnano ad accogliervi e istruirvi, spesso, purtroppo, in luoghi poco dignitosi e con orari che mal si potranno conciliare con le esigenze di chi ha già un’occupazione precaria. Le richieste sono tante, troppe, e le opportunità ancora troppo poche.
In questo giorno, in cui celebriamo il lavoro come emblema della dignità umana e caposaldo della nostra costituzione, credo sia fondamentale riflettere su come rendere realmente inclusivo il nostro tessuto sociale e produttivo.
Assicurare a tutti, con azioni concrete, la possibilità di frequentare corsi di lingua italiana significa abbattere quello che è il primo e maggiore ostacolo alla tua integrazione, Amir, e alla tua possibilità di lavorare in modo sicuro e consapevole.
Offrire adeguate opportunità di apprendimento linguistico significa: permetterti di partecipare ai corsi di formazione sulla sicurezza, di comprendere i tuoi diritti e doveri, di sentirti parte integrante del mondo del lavoro e della nostra comunità. Significa, inoltre, dare un contributo concreto alla crescita del nostro Paese, valorizzando le tue competenze e la tua crescita professionale.
Ricordiamo le parole di Papa Francesco, pronunciate in tempi difficili come quelli che abbiamo vissuto: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda” (27 marzo 2020). E, se garantiamo maggiore dignità a chi arriva da lontano, se creiamo le condizioni per una reale inclusione sociale e lavorativa, potremo forse costruire una società più giusta, fraterna e meno conflittuale.
Caro Amir, spero che tu possa, quanto prima, realizzare il tuo sogno. E mi auguro, con tutto il cuore, che la tua storia possa risuonare nelle coscienze di molti, spingendo tutti noi ad agire per costruire una comunità più accogliente e attenta ai diritti di tutti. Perché, in fondo, anche noi sogniamo una società diversa, una società in cui inclusione e sicurezza sul lavoro siano diritti garantiti per tutti.
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