SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Fin dall’inizio della loro storia i frati francescani si sono affidati alla pittura per trasmettere la fede. Anche noi vogliamo fare così. Quest’opera di Spadoni fa parte di un progetto più ampio che abbiamo pensato di arredare la sagrestia e lo spazio dei confessionali con alcune opere il cui tema sia ispirato ai luoghi stessi. Il filo conduttore degli episodi evangelici rappresentati sarà quindi la kénosis, ovvero l’abbassamento di Dio verso l’uomo, un Dio che discende fino a raggiungere l’uomo non solo in senso fisico, ma anche dal punto di vista interiore, nei suoi aspetti più bassi, più fragili, più bui, che durante la Confessione vengono accolti alla luce della Verità e perdonati. Anzi, nell’opera che presenteremo oggi, più che di abbassamento, parlerei di svuotamento. Come ha scritto San Francesco, ‘Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio’. Nel Nuovo Testamento la chenosi del Signore è velata in tutte le pagine, ma c’è un inno che la esprime in modo compiuto:
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: ‘Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre’»”.
È con questo inno contenuto nella Lettera di San Paolo ai Filippesi che padre Massimo Massimi, parroco della comunità di Sant’Antonio di Padova in San Benedetto del Tronto, ha presentato Mercoledì 9 Aprile, presso la chiesa parrocchiale, la nuova opera dell’artista Elvis Spadoni, dal titolo “Ecce Homo”, destinata ad impreziosire la sagrestia dell’edificio sacro.
Spadoni, autore anche del quadro sulla conversione di Saulo (San Paolo di Tarso) che impreziosisce l’ingresso degli uffici parrocchiali, stavolta ha realizzato un olio su tela di 1,80 x 3,70 m, dallo stile figurativo e realista, per definizione dell’artista stesso, che rappresenta Cristo in uno dei momenti più significativi della sua Passione.
“Il momento in cui c’è l’abbassamento – ha proseguito padre Massimi –, è proprio questo, il momento in cui, da immortale, Dio diventa mortale, in cui assume una natura umana infetta, ma rendendola santa attraverso la sua condizione di servo. Questo è il senso della volontà di Dio: il servizio, non la croce. La croce non sta nella volontà di Dio. La croce sta nella volontà del cuore. Lui l’ha accettata per rimanere servo. Questo atteggiamento di servo, il Signore lo ha tenuto fino alla fine, fino alla croce”.
Il dipinto, donato alla parrocchia in memoria di fra’ Lauro Carbonari, colpisce per la sua forza visiva e la profondità teologica: raffigura Gesù nel momento in cui, durante il processo, viene mostrato al popolo da Pilato con la celebre espressione “Ecce Homo” – “Ecco l’uomo”.
Nel rispetto dell’iconografia classica, Spadoni rappresenta Cristo con la clamide rossa, la corona di spine e la canna, simboli della sua “regalità derisa”. Ma nella lettura dell’artista, questa derisione si trasforma in profezia: Gesù appare come un re autentico, forte, consapevole, che accetta il suo destino con dignità e potere silenzioso. Il mantello rosso domina la scena: ampio, ricco, barocco, contrasta con la semplicità della figura e richiama il legame tra il gesto liturgico e il mistero sacro.
Il quadro nasce da una ricerca avviata nel 2017 nell’ambito di una mostra all’Eremo di Camaldoli sul simbolismo del mantello nella Bibbia. Oggi, grazie alla generosità del donatore e all’impegno della comunità, Ecce Homo trova casa in un luogo dove la liturgia incontra l’arte e l’arte si fa annuncio.
A spiegare il significato del quadro è stato lo stesso Spadoni che, oltre ad aver conseguito il Diploma in Pittura all’Accademia delle Belle Arti di Urbino, ha ottenuto numerosi altri titoli. Dopo aver raggiunto la maturità al Liceo Classico “Giulio Cesare” di Rimini, infatti, Spadoni ha conseguito prima il Baccalaureato in Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna a Bologna e poi la Licentia Docendi in Storia della Teologia presso lo stesso Ateneo. Da qui la sua passione per l’arte soprattutto sacra che lo ha condotto non solo a rappresentare con frequenza scene bibliche, ma anche ad essere autore di alcuni saggi su Estetica e Teologia.
In merito alla genesi di quest’ultima opera realizzata per la chiesa Sant’Antonio da Padova, Spadoni ha raccontato: “Quando ero in Accademia, spesso mi sono molto esercitato molto sulla rappresentazione del mio volto. Non era un esercizio di vanità, bensì la volontà di scoprire, attraverso l’arte, chi fossi veramente. In questo percorso di conoscenza di me stesso, questo quadro ha rappresentato un momento importante: mentre ero ad Avellana, ad un corso di esercizi spirituali, ho trovato Gesù, nella Sua Persona, nel Suo Mistero, dentro di me. E aveva il mio volto. L’ho trovato così vicino a me, che quasi facevo fatica a distinguerlo nelle profondità della mia interiorità. Ecco perché in questo quadro Gesù ha il mio volto”.
Spadoni ha poi spiegato il titolo dell’opera: “‘Ecce homo’ è la frase che Pilato dice ai Giudei nel presentare Gesù, sperando che l’averLo picchiato, frustrato e dileggiato fosse sufficiente per chiudere lì la storia. L’espressione, quindi, vuole proprio indicare il punto di massima umiliazione di Gesù. Questa scena del Vangelo è molto dipinta nella pittura e in genere in essa appare un Gesù molto sofferente con l’intento di muovere a pietà chi Lo guarda. Io invece nel testo di Giovanni, che racconta questo episodio, non vedo questo vittimismo di Gesù, bensì una sorta di profezia, un’anticipazione di quella che sarà la Resurrezione e la Sua gloria. Il suo mantello rosso, che all’epoca era molto raro e costoso, rappresenta un segno di regalità, come se Giovanni abbia voluto dire che Gesù è veramente il Re, il Signore Dio. In questo quadro c’è quindi questa ambiguità: da un lato l’umiliazione, rappresentata dalla Sua nudità, ma al contempo anche la Sua regalità, rappresentata dalla postura, dal mantello e dallo sguardo non certamente sereno, ma neanche completamente afflitto”.
A concludere l’incontro è stato padre Roberto Brunelli, il quale ha detto: “Il talento di Elvis Spadoni è eccezionale. Non a caso viene definito ‘il Caravaggio bianco’, proprio per la sua capacità di rappresentare figure in modo realistico come faceva Caravaggio, ma per contrasto: mentre quest’ultimo infatti dipinge sfondi bui da cui affiorano i personaggi, Spadoni al contrario utilizza sfondi di luce da cui emergono le figure che vuole rappresentare”.
0 commenti