
M. Chiara Biagioni
Una strage di bambini. L’Ucraina è in lacrime. L’attacco è avvenuto venerdì scorso colpendo un’area residenziale della città di Kryvyi Rih, la città natale del presidente Volodymyr Zelensky. Sono morte 20 persone, di cui 9 bambini. Stavano giocando nel parco giochi in un pomeriggio caldo e soleggiato. Tymofii aveva solo tre anni, Radyslav e Arina ne avevano sette. Poi c’è Herman, nove anni, e Danylo, Alina e Mykyta di quindici. Kostiantyn, che avrà per sempre sedici anni. Nikita, diciassette. Una lista tremenda che fa piangere ancora. Mons. Maksym Ryabukha, salesiano, è vescovo dell’Esarcato di Donetsk. “Comprende quattro regioni, tra cui anche la regione di Dnipro alla quale appartiene la città Kryvyi Rih”, dice subito. “Sono quindi il vescovo anche di questa città”.
“È una città che subisce tantissimi bombardamenti. E quello di cui stiamo parlando è solo uno fra tanti, che però ha fatto una strage, colpendo purtroppo la vita di numerosi bambini e tante famiglie”.
Ieri, si sono svolti i funerali di due ragazzi di 15 anni uccisi nell’attacco. Centinaia di persone in lutto si sono radunate per dare loro l’addio. Altri funerali sono stati programmati per le altre vittime. Tra i 74 feriti nel bombardamento compiuto da droni russi, quattro bambini sono in gravi condizioni. Il sindaco Oleksandr Vilkul ha detto che l’attacco è stato il più mortale di tutta la guerra a Kryvyi Rih, un centro industriale con una popolazione prebellica di circa 600.000 abitanti che viene regolarmente preso di mira da missili e droni russi. “Ce ne eravamo resi conto anni fa ma ogni giorno constatiamo come chi sta attaccando l’Ucraina non ha cuore”, osserva il escovo. “La guerra che stanno facendo è una guerra demoniaca perché attaccare così la vita umana, senza averne rispetto, non appartiene allo sguardo cristiano. Quando penso alle persone che schiacciano i bottoni e mandano le bombe sui quartieri popolari, mi pongo la domanda: cosa c’è di umano in queste persone? E’ un orrore che rompe il cuore”.
L’Ucraina invierà una squadra a Washington la prossima settimana per avviare i negoziati su una nuova bozza di accordo sui minerali, che darebbe agli Stati Uniti l’accesso alle preziose risorse minerarie dell’Ucraina. “Oggi nella comunità internazionale si parla della tregua, si parla di trattati, si parla di tante cose – commenta il vescovo -, ma vediamo che purtroppo, tutti questi discorsi sono vani. Vediamo addirittura movimenti opposti. L’esercito russo, per esempio, sta rafforzando le sue forze portando l’esercito a 150 mila unità. Non è un segnale di tregua, né l’indice di una volontà a sedersi al tavolo delle trattative. E’ al contrario il segnale di un popolo che si prepara a una guerra ancora più profonda”
“Oggi ognuno deve chiedersi: io che cosa sto facendo per la pace?”, dice il vescovo.
E aggiunge: “Nella preghiera possiamo cercare di trovare il senso più profondo di tanto dolore. Non abbiamo altro che porre nelle mani di Dio quello che stiamo vivendo. Non abbiamo altro che portare nelle mani di Dio le vite che qualcuno ci sta rubando. Nonostante però l’intento demoniaco di ferire la storia, noi crediamo che le persone che muoiono, le vittime di questa guerra ingiusta, sono accolte nelle braccia di Dio Padre. Ma noi che siamo ancora pellegrini su questa terra ferita, ci poniamo di fronte a questa domanda: io che cosa sto facendo?”
Il vescovo pronuncia una parola che – dice – “non vuole sentire nessuno ed è la conversione della Russia. E’ una parola che qualcuno deve avere il coraggio di dire. Dire ad alta voce le cose che non funzionano e le cose che devono funzionare in modo diverso. Quando qualcuno troverà il coraggio dirle, inizierà a cambiare il mondo. Prima no”. “Di fronte a questa realtà della guerra – prosegue mons. Ryabukha – noi ci sentiamo veramente impotenti. Non possiamo far nulla. In questa impotenza totale rimane però un segno che nessuno riesce a rubarci. Quando i primi cristiani dopo la Pentecoste sono usciti e hanno iniziato a proclamare la buona notizia, c’era qualcuno che era molto più potente della loro voce e li sterminava. E questo qualcuno si chiamava Saulo. Ma Dio stesso, lo ha fermato, gli ha cambiato la vita, lo ha convertito”.
“Sono convinto che anche se il mondo non vorrà e non potrà fare nulla per fermare il nemico della vita, prima o poi anche questa guerra finirà, perché interverrà Dio. E il mio popolo che ha subito tantissimo dolore, dolore ingiusto e non meritato, comunque ne uscirà con la luce negli occhi, nella libertà, nella dignità della vita umana”.
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