Di Chiara Biagioni

(da Kharkiv) La gente si mette in fila fin dalle primissime ore della mattina. A fianco della cattedrale cattolica latina di Kharkiv si trova la sede di Caritas Spes. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì,  vengono distribuiti aiuti umanitari e pasti caldi a 200, 300, 400 persone. Dentro la chiesa invece sono state adibite due ampie stanze con giochi, tappeti colorati dove dal lunedì al sabato vengono accolti bimbi dai 3 ai 5 anni. A sostenere questa complessa macchina della solidarietà ci sono 56 volontari coordinati dal direttore di Caritas Spes, padre Wojciech Stasewicz. “Le situazioni – dice – sono ogni volta diverse, difficili e cambiano in continuazione. Passiamo da momenti di relativa tranquillità ad altri in cui sembra che si accendi improvvisamente una scintilla. Le criticità più serie si registrano però nei villaggi perché sono passati tre anni e le persone non hanno idea se sopravvivranno il giorno dopo”.

Caritas Spes cerca ogni giorno di raggiungere anche la popolazione che ha scelto di non abbandonare le proprie case nei villaggi. Sono circa 1.000 le persone in contatto con l’organizzazione. “E’ un lavoro enorme che richiede grandi sforzi”, confida padre Wojciech. Rispetto però allo scorso anno, Caritas comincia ad avere problemi perché dai paesi dell’Europa purtroppo arrivano sempre meno aiuti umanitari. “Capiamo che sono passati ormai tre anni, che gli sforzi per aiutarci sono stati notevoli, che le crisi aumentano. Ma noi non perdiamo la speranza. Siamo coraggiosi. Stiamo pregando per la pace e stiamo pregando anche per le persone che ci stanno aiutando”.

Nonostante le criticità, i servizi offerti dalla Caritas Spes non si sono mai fermati. “Non c’è finora stato mai un giorno in cui non siamo stati in grado di dare un pezzo di pane”. Oltre ai danni della guerra, la città di Kharkiv deve fare i conti con una crisi economica gravissima. La gente non lavora. Tutte le fabbriche hanno chiuso. Non era possibile continuare le attività e le produzioni in condizioni di attacchi continui. La vita va avanti grazie alle donne e agli anziani. Gli uomini non ci sono. E tutto questo è motivo di grandissimo stress.

Ma a soffrire di più sono i bambini. Sono cinque anni che le scuole ad Kharkiv sono chiuse. Prima con il Covid. Poi con la grande guerra. Le lezioni per i più grandicelli sono esclusivamente online. E quello di cui più hanno bisogno è stare insieme. “Fin da subito però abbiamo capito – dice padre Stasewicz – che dovevamo pensare ad attività in piccoli gruppi. I bambini arrivavano infatti da situazioni di forte stress emotivo e non riuscivano a stare dentro a gruppi numerosi”. A loro supporto e a supporto dei genitori, la Caritas offre anche aiuti di tipo psicologico. “Grazie per le vostre preghiere. Grazie agli italiani per i vostri aiuti”, dice il sacerdote. “Avete dimostrato di esserci amici. Siamo molto grati per quello che avete fatto per noi. Ma abbiamo ancora bisogno del vostro aiuto. Non dimenticateci”.

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