
Il recente decreto approvato dal Governo italiano segna un primo passo concreto verso la reintroduzione del nucleare nel mix energetico nazionale, con un focus preciso sul “nuovo nucleare” e in particolare sui piccoli reattori modulari (Smr). Proviamo a capire meglio di cosa si tratta.
Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di “nuovo nucleare” come possibile soluzione alla crisi energetica e alla necessità di ridurre le emissioni di CO2. Ma cosa si intende esattamente con questa espressione? In cosa il “nuovo nucleare” si differenzia dalle tanto temute centrali costruite tra gli anni ’60 e ’80?Quando parliamo di “nuovo nucleare” ci riferiamo principalmente a due gruppi di tecnologie: i reattori di terza generazione avanzata (o III+), che sono una diretta evoluzione dei reattori attualmente in funzione, e i reattori di quarta generazione, che rappresentano un salto tecnologico più radicale, ancora in fase di sviluppo-I reattori di terza generazione sono già in costruzione o operativi in alcuni Paesi e presentano sistemi di sicurezza migliorati, con un forte utilizzo di sistemi passivi, cioè meccanismi che funzionano anche in caso di totale blackout o guasto. Per esempio, l’acqua di raffreddamento può circolare per convezione naturale, senza bisogno di pompe elettriche. La quarta generazione, invece, include una serie di concetti nuovi, dai “reattori al sale fuso” ai “reattori veloci a gas o metallo liquido”, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza, ridurre la produzione di scorie radioattive e utilizzare anche i combustibili esausti (materiale nucleare che, esaurita la sua capacità di produrre energia all’interno di un reattore, viene rimosso perché non più efficiente, pur restando altamente radioattivo), chiudendo quasi del tutto il ciclo del combustibile.
Uno dei punti di forza delle nuove tecnologie nucleari è proprio la sicurezza migliorata.
Le vecchie centrali richiedevano l’intervento attivo degli operatori e sistemi complessi per essere messe in sicurezza in caso di incidente. Le nuove centrali, grazie ai sistemi passivi, sono progettate per raffreddarsi da sole, sfruttando la gravità o la fisica dei fluidi, anche in caso di guasti gravi o terremoti. C’è poi il tema della “flessibilità”: il nuovo nucleare può adattarsi meglio alle necessità della rete elettrica, modulando la potenza prodotta per integrarsi con fonti rinnovabili come solare ed eolico, che sono intermittenti (dipendono dai cicli naturali). In questo senso, un ruolo importante lo potrebbero giocare gli Smr, mini-centrali nucleari da 50-300 MW che possono essere installate vicino ai centri abitati o alle industrie, senza bisogno di costruire grandi impianti centralizzati. Sul piano ambientale, il nuovo nucleare è “a emissioni zero” (almeno per quanto riguarda la produzione di elettricità) e alcune tecnologie di quarta generazione sono pensate per riutilizzare parte delle scorie, riducendo sia il volume di rifiuti da stoccare sia la loro pericolosità a lungo termine.
Tuttavia, nonostante i progressi tecnologici, il nucleare – nuovo o vecchio – non è esente da rischi. Gli incidenti di Chernobyl e Fukushima hanno lasciato un’impronta profonda nell’immaginario collettivo e, anche se le nuove tecnologie sono progettate per prevenire eventi simili, il “rischio zero” non esiste.Un incidente nucleare, per quanto improbabile, avrebbe comunque conseguenze gravissime sul territorio e sulla salute delle persone. Un’altra questione aperta è quella delle scorie radioattive. Anche le centrali di nuova generazione producono rifiuti nucleari, sebbene in quantità minore e, in alcuni casi, con una radioattività che si esaurisce più rapidamente. Tuttavia, la gestione e lo stoccaggio sicuro di questi materiali resta un nodo critico.
Vanno poi considerate le barriere economiche e regolatorie.Costruire una centrale nucleare, anche di nuova generazione, è ancora oggi molto costoso e richiede tempi lunghi, spesso oltre i dieci anni.I costi iniziali sono elevati, anche se la produzione di elettricità, una volta avviato l’impianto, è relativamente economica e stabile. Le procedure autorizzative sono complesse e, in molti paesi, l’opposizione dell’opinione pubblica frena lo sviluppo di nuovi impianti.
La fattibilità del nuovo nucleare dipende da diversi fattori. Sul piano tecnologico, le soluzioni esistono e i primi impianti di terza generazione avanzata sono già operativi. Gli Smr e i reattori di quarta generazione, invece, richiedono ancora alcuni anni di sviluppo prima di poter entrare in funzione su larga scala. Sul piano economico, il nucleare di nuova generazione potrebbe essere competitivo solo se inserito in politiche di decarbonizzazione, in cui la necessità di ridurre le emissioni giustifica investimenti iniziali più alti. Infatti, se i costi delle rinnovabili e dei sistemi di accumulo continueranno a scendere, la competizione economica con il nucleare di nuova generazione diventerà più forte. Infine, c’è un fattore culturale e politico.La parola “nucleare”, infatti, spaventa ancora molte persone e i governi, per rilanciarlo, dovranno inevitabilmente puntare su trasparenza, informazione e coinvolgimento delle comunità locali.
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