(Foto Vatican Media/SIR)

M.Michela Nicolais

“Voglio chiedere scusa perché con questo forte raffreddore è difficile per me parlare. E per questo ho chiesto al mio fratello di leggere la catechesi. La leggerà meglio di me”. E’ iniziata con queste parole, pronunciate a braccio, l’udienza di ieri in Aula Paolo VI, in cui Papa Francesco ha lasciato la lettura quasi interamente a don Pierluigi Giroli, fatta eccezione per i saluti in spagnolo e in italiano, pronunciati da lui stesso. “Pensiamo ai Paesi che soffrono la guerra: la martoriata Ucraina, Israele, Sudan, tanti Paesi che stanno soffrendo lì. Ricordiamo gli sfollati della Palestina e preghiamo per loro”, il saluto a braccio ai fedeli di lingua italiana. Al centro della catechesi, la figura di Maria, nell’incontro con Elisabetta, e il Magnificat.

“Questa giovane figlia d’Israele non sceglie di proteggersi dal mondo, non teme i pericoli e i giudizi altrui, ma va incontro agli altri”,

scrive il Papa a proposito dell’episodio della Visitazione. ”Quando ci si sente amati, si sperimenta una forza che mette in circolo l’amore”, spiega: “Maria avverte la spinta dell’amore e va ad aiutare una donna che è sua parente, ma è anche un’anziana che accoglie, dopo lunga attesa, una gravidanza insperata, faticosa da affrontare alla sua età”. “Ma la Vergine va da Elisabetta anche per condividere la fede nel Dio dell’impossibile e la speranza nel compimento delle sue promesse”, sottolinea Francesco: “L’incontro tra le due donne produce un impatto sorprendente: la voce della piena di grazia che saluta Elisabetta provoca la profezia nel bambino che l’anziana porta in grembo e suscita in lei una duplice benedizione: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!’. E anche una beatitudine: ‘Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto’”.

“Maria canta la grazia del passato ma è la donna del presente che porta in grembo il futuro”,

assicura il Papa commentando il Magnificat. “Maria non vuole cantare fuori dal coro ma sintonizzarsi con i padri, esaltando la sua compassione verso gli umili, quei piccoli che Gesù nella sua predicazione dichiarerà beati”, osserva Francesco: “La massiccia presenza del motivo pasquale fa del Magnificat anche un canto di redenzione, che ha per sfondo la memoria della liberazione d’Israele dall’Egitto. I verbi sono tutti al passato, impregnati di una memoria d’amore che accende di fede il presente e illumina di speranza il futuro”. Tre le parole-chiave del Magnificat: “memoria, misericordia, promessa”: “Il Signore, che si è chinato sulla piccola Maria per compiere in lei ‘grandi cose’ e renderla madre del Signore, ha iniziato a salvare il suo popolo a partire dall’esodo, ricordandosi della benedizione universale promessa ad Abramo”. “Chiediamo oggi al Signore la grazia di saper attendere il compimento di ogni sua promessa; e di aiutarci ad accogliere nelle nostre vite la presenza di Maria”, l’invito finale.

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