A cura del Servizio Apostolato Biblico diocesano

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sabato 30 novembre, nel contesto della Novena dell’Immacolata, presso il salone della parrocchia di San Benedetto Martire, il prof. Marcello Panzanini ha tenuto una conferenza sulle rappresentazioni che, nel corso dei secoli, sono state realizzate da vari artisti sul tema dell’Annunciazione e dell’Incarnazione, che fondano la nostra fede. L’amore di Dio per l’uomo, per cui Egli stesso ha voluto assumere la condizione umana in Gesù, è stato descritto dal prof. Panzanini attraverso le opere di artisti di tutte le epoche e con diversa sensibilità. È stato un viaggio immersivo nella bellezza che ha catturato l’attenzione dei presenti nel segno dello stupore e della meraviglia.

A partire dall’Annunciazione di Cosmè Tura (1469), attraverso la fitta ragnatela di significati teologici espressi in vari particolari, si è potuto apprezzare il valore della Scrittura, frequentata assiduamente da Maria, e la sua fecondità. A seguire, il relatore ha illustrato una serie di rappresentazioni della Natività, tra cui quella di Giotto (1303-1305) presso la Cappella degli Scrovegni a Padova; Gesù deposto in una mangiatoia è un importante riferimento eucaristico, il farsi pane vivo per nutrire di sé l’umanità. Interessante in questo affresco anche il richiamo ai vangeli apocrifi con la presenza della levatrice incredula di fronte alla verginità feconda di Maria: la sua mano diventata lebbrosa per aver cercato di indagare questo mistero, viene risanata dal primo miracolo del Bambino Gesù.

Anche la Natività tra i profeti Isaia ed Ezechiele di Duccio di Boninsegna contiene profondi significati spirituali: un angelo indica un cartiglio, ovvero la Bibbia rappresentata dai due profeti nelle formelle laterali. Entrambi hanno in mano la pergamena dei rispettivi libri, Isaia è colui che ha annunciato l’avvento del messia, mentre Ezechiele è il profeta delle ossa aride che in virtù dell’Incarnazione, nel segno della Nuova Alleanza, riprendono vita, ricomponendosi in altri esseri, simbolo dell’umanità nuova che ha origine dal Verbo che si è fatto carne.

Di diverso carattere sono i dipinti del presepe di un maestro boemo della metà del Trecento in cui, invece dei magi, è lo stesso re committente a rendere omaggio al Bambino, mentre Giuseppe e la levatrice stanno preparando il bagno per il neonato, e il polittico di Gentile da Fabriano (1423) in cui, in una stupenda scena corale, una corte e un intero popolo si muovono verso la capanna per adorare Gesù, segno che l’Incarnazione è universale e si cala nel vissuto quotidiano di tutti gli uomini.

Una visione grandiosa e ricca di significati teologici è quella che ci offre Sandro Botticelli (1501) nella sua Natività mistica: Maria è in adorazione del Bambino, mentre Giuseppe è in profonda meditazione; un angelo indica la capanna ai pastori, l’altro ai magi, mentre tre figure in abiti di colori diversi stanno sul tetto della capanna e scendono poi in basso ad abbracciare i pastori: sono il simbolo delle Virtù Teologali, che con l’Incarnazione tornano a ispirare l’umanità; sopra la capanna dodici angeli danzano in un fiorito girotondo, animando una scena dal forte significato escatologico. Lo stesso significato che dà sostanza al quadro di Georges de La Tour (1655), in cui la luce centrale che viene dal Bambino illumina i pastori in adorazione: Egli ha gli occhi chiusi, è immobile e avvolto in fasce, prefigurazione della sua morte e reposizione nel sepolcro prima della Resurrezione, simboleggiata da una candela accesa, figura del cero pasquale.

Il relatore ha riservato un ampio spazio alla figura di Giuseppe, còlto in attività onirica da Giovanni Battista Paggi (1510 ca.) che, nel suo Sogno di San Giuseppe, lo rappresenta adolescente, dormiente con ancora in mano la Scrittura, mentre un angelo in sogno gli parla e gli mostra in prospettiva l’immagine di Maria che veglia accanto alla culla, la volontà di Dio e la verginità feconda di Maria che daranno senso alla sua vita futura. Il prof. Panzanini ha concluso la sua conferenza presentando San Giuseppe e il Bambin Gesù (1625) del Battistello: in un’immagine che infonde un’immensa tenerezza, il Santo tiene in braccio il Bambino con infinito amore: è il compimento della scena onirica del Paggi perché qui il sogno dell’uomo – la realizzazione nella paternità – e quello di Dio – essere accolto e amato dall’umanità tutta – si fondono in una perfetta sintesi e realizzano il disegno di salvezza che prende forma nel mistero dell’Incarnazione.

Chiunque volesse prendere visione del percorso di immagini presentate dal relatore, può richiederle al seguente indirizzo e-mail: apostolatobiblico@diocesisbt.it

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