Di Daniele Rocchi
“Viviamo nel rischio ma per il momento è tutto ok. Da giorni sentiamo missili e aerei ma stiamo bene”: così dai luoghi santi della Galilea, come Cafarnao, Tabga, Magdala, dalle Beatitudini e da Tiberiade, fonti locali raccontano al Sir l’escalation militare tra l’esercito di Israele (Idf) e Hezbollah. Più di 80 attacchi aerei israeliani hanno colpito, alle prime ore di oggi, il sud e l’est del Libano. L’esercito israeliano avrebbe consigliato alla popolazione libanese di allontanarsi dagli obiettivi di Hezbollah. Quest’ultimo aveva lanciato ieri un centinaio di razzi verso il nord di Israele in risposta alle decine di morti e feriti provocati in precedenza dalle esplosioni di cercapersone e walkie talkie e nei raid Idf a Beirut.
Nelle zone prese di mira da Hezbollah, Haifa e la valle di Izreel (la pianura di Esdrelon, detta anche ‘pianura della valle di Meghiddo’) vivono circa due milioni di israeliani. “La Resistenza islamica – ha riferito il Partito di Dio in una nota – ha attaccato con decine di razzi Fadi 1 Fadi 2 e Katyusha la base militare israeliana e l’aeroporto Ramad David, ad Haifa e razzi hanno raggiunto gli obiettivi in forma precisa e diretta”. A sua volta il portavoce dell’esercito, il tenente colonnello Nadav Shoshani, ha affermato che “centinaia di migliaia di persone hanno dovuto rifugiarsi nei rifugi antiaerei nel nord di Israele”. Inoltre, le scuole situate nelle regioni settentrionali del Paese, a rischio attacco per la loro vicinanza al confine libanese, resteranno chiuse fino alle 18 di oggi, 23 settembre. Secondo i media israeliani, gli ospedali della zona, “dopo aver annullato gli interventi chirurgici non urgenti, si stanno preparando a trasferire i reparti nelle aree sotterranee per motivi di sicurezza”.
Nessuno crede ad un accordo. “Le nostre comunità cristiane che vivono nelle zone a rischio stanno bene – conferma al Sir mons. Rafiq Nahra, vicario patriarcale per Israele -. La situazione è difficile ed è impossibile fare previsioni sul prosieguo di questi scontri. Come Chiesa locale da tempo ormai invochiamo la fine della guerra a Gaza, scoppiata ormai da quasi un anno. La popolazione della Striscia ha bisogno di tutto ma non di armi e violenza”. Da mons. Nahra anche un forte appello “per la liberazione degli ostaggi israeliani”. “Questa è una guerra che non serve a niente – ribadisce convinto –
Se cesserà la guerra a Gaza finiranno anche le ostilità al confine tra Israele e Libano.
Purtroppo, non sembra essere questa la direzione attuale, almeno per il momento. Nessuno qui crede alla possibilità di un accordo perché le richieste di Hamas e di Israele vanno in direzioni opposte. Per quanto ci riguarda noi continuiamo a chiedere il cessate il fuoco e il negoziato, forti delle parole continue di Papa Francesco e dell’azione del nostro patriarca, il card. Pierbattista Pizzaballa. Al tempo stesso incoraggiamo le nostre comunità che non vivono tranquille”.
“Quanto accaduto il 7 ottobre 2023 era inimmaginabile. Nessuno poteva pensare una cosa del genere. Ci sono delle indagini in corso – conclude – per accertare eventuali mancanze. Attendiamo la verità”.
Sfide quotidiane. Rassicurazioni sulle condizioni delle comunità cristiane della Galilea giungono anche da Nazaret dove operano diversi istituti religiosi specialmente in ambito scolastico. “Stiamo tutti bene – confermano fonti locali al Sir – le famiglie sono preoccupate per quanto sta accadendo e hanno paura per il loro figli. Sentiamo spesso le sirene che ci spingono a scendere nei rifugi. Ma finora solo tanta paura”. Per quanto riguarda l’attività scolastica, spiegano, “questa è legata alla sicurezza del momento. In genere si preparano due programmi, uno per lezioni in presenza e uno per lezioni on line. Sono sfide quotidiane ma con l’aiuto di Dio sapremo affrontarle”.
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