MARTINSICURO – “Carissimi, ci mettiamo davanti al mistero di Dio, che da sempre aveva nel cuore di incarnarsi, di farsi uomo, e quindi ha pensato a Maria come arca dell’alleanza tra Dio e gli uomini, come grembo, stella del mattino, del mondo nuovo, del regno di Dio venuto nella persona di Gesù. Anche noi, all’inizio di questa Liturgia, ci mettiamo davanti al Padre riconoscenti di tutto il suo dono, del suo progetto di vita e di salvezza per ciascuno di noi”. Si è aperta con queste parole del vescovo Gianpiero Palmieri la santa Messa di Sabato 7 Settembre, alle ore 21:00, celebrata presso la parrocchia San Gabriele dell’Addolorata in Villa Rosa di Martinsicuro per onorare il venticinquesimo anniversario della costruzione dell’omonima chiesa.
Per l’occasione, il parroco don Alfonso Rosati ha invitato i sacerdoti e i diaconi la cui storia di vita si è intrecciata con quella della parrocchia abruzzese. Erano presenti: don Ulderico Ceroni, parroco dal 2005 al 2010; il diacono Umberto Silenzi, che ha donato il suo servizio diaconale nella parrocchia villarosana nel biennio 2008 – 2009; don Federico Pompei, parroco dal 2010 al 2019; don Gianni Capriotti, vicario parrocchiale dal 2013 al 2017; don Claudio Marchetti, parrocchiano cresciuto nella fede proprio in questa parrocchia e dal 2018 rettore del Pontificio Seminario Regionale Marchigiano Pio XI.
Presente anche il primo cittadino Massimo Vagnoni, accompagnato da alcuni colleghi amministratori: la vicesindaca Monica Persiani, l’assessore Marco Cappellacci e i consiglieri Giuseppina Camaioni e Lorenzo Ritrovati.
Durante l’omelia, il vescovo Palmieri, vista la particolare ricorrenza, ha ricordato ai fedeli il significato profondo di appartenere ad una comunità : “È molto bello trovarsi questa sera per festeggiare i 25 anni della costruzione di questa chiesa, anche se la parrocchia è molto più antica, esiste da circa 90 anni. In questo luogo, quindi, sempre c’è stata una piccola comunità cristiana che ascoltava la Parola e celebrava l’Eucarestia. Una comunità che col tempo è cresciuta, man mano che crescevano gli abitanti di Villa Rosa. Una comunità formata da tutte quelle persone che sentivano il desiderio di incontrare il Signore nella comunità dei fratelli, nell’ascolto della Parola di Dio e nella celebrazione dell’Eucaristia. È questo che il bello di una parrocchia. La parrocchia non è fatta di persone che si scelgono, come avviene in un’associazione o in un club; al contrario, nella comunità eucaristica domenicale, si ritrovano tutti coloro che, abitando nel quartiere, sentono il desiderio di celebrare l’Eucaristia insieme agli altri. È una dimensione di popolo, di popolo di Dio, ovvero di tutti coloro che si stringono intorno a Gesù nella chiesa. Forse ricorderete quel salmo in cui si dice che ‘La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo’ (Sal 117, 22), ovvero la pietra su cui si regge tutto l’edificio. Questo Salmo Gesù lo cita in una parabola, applicandolo a sé: è Lui la pietra che i costruttori hanno scartato. Così scartato che lo hanno crocifisso fuori dalla città e che invece il Padre, risuscitandolo, ha fatto diventare pietra angolare di tutto l’edificio. Ed è per questo motivo che in genere l’altare è fatto di pietra, cosicché ci possiamo ricordare di questo. E noi? Noi siamo le pietre – ‘le pietre vive’, dice San Pietro (1Pt 2, 4-9) – che si stringono a Gesù, pietra angolare e che, proprio per questo motivo, diventano un edificio spirituale, un edificio costruito dallo Spirito. Allora noi ci ritroviamo in questo luogo tutte le Domeniche per poter incontrare il Signore, per poterci riunire con tutto il popolo di Dio, con tutto il corpo di Cristo, con l’edifico spirituale, che siamo noi, e farci, ancora una volta, edificare dal Signore, attraverso l’ascolto della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia.”
Dopo aver effettuato un richiamo al Vangelo di Domenica scorsa (Mc 7,1-8.14-15.21-23), in cui Gesù spiega a scribi e farisei che molti precetti previsti nella Tōrāh sono elaborazioni degli uomini e non volontà di Dio e che sono le cose che escono dal cuore dell’uomo a renderlo impuro, mons. Palmieri ha commentato il Vangelo del giorno (Mc 7,31-37) con queste parole: “Mentre Gesù è nella Decapoli, la zona dei pagani, un sordo balbuziente gli si avvicina. Il gesto che Gesù compie su di lui è un rito che abbiamo ricevuto tutti noi il giorno del nostro Battesimo. Questo gesto significa che il modo in cui il Signore ci purifica è attraverso la sua Parola: è Lui che apre le nostre orecchie, perché possiamo ascoltare la sua Parola; è Lui che apre le nostre labbra, perché possiamo comunicarla agli altri. Qui non è un problema di udito o di balbuzie: è la sordità del cuore, è la balbuzie di chi non riesce a dire agli altri le parole di Dio. Non so se ci avete fatto caso, ma nella Bibbia non solo questo tipo è balbuziente: lo sono anche Mosè e San Paolo. Mosè è balbuziente finché Dio non gli apre la bocca. Lo stesso vale per San Paolo: quando Dio gli apre l’orecchio, quindi purifica il cuore, il discepolo sa ascoltare e sa dire la Parola agli altri. Qui c’è qualcosa di fondamentale nella vita di un discepolo che vuole seguire Gesù: la Parola di Dio è quella che ci vuole guarire dalla sordità e dal nostro egoismo. Tanto più approfondiamo la Scrittura, tanto più vi troviamo la Parola di Dio! Quanto è bello!”
Ha poi concluso il vescovo Gianpiero: “Non c’è cuore umano a cui Dio non parli! Anche ai pagani. E nel silenzio e nella profondità del suo cuore, un uomo può riconoscere gli impulsi dello Spirito – anche se non lo sa – e può ascoltare la Parola di Dio, che è rivolta proprio a lui. Gesù lo sa. Infatti sta vicino a questa persona ed è come se gli dicesse: ‘Non basta questo. Ti apro l’orecchio, ti sciolgo la lingua, così da entrare in contatto con me, con la mia Parola, e da poter finalmente essere totalmente purificato, giustificato, cioè reso giusto, salvato’. Vedete, una comunità cristiana è fatta in una maniera tale da volerci portare, come per mano, ad entrare sempre di più nel mistero di Dio. Abbiamo detto che è una dimensione di popolo, che vuole partecipare all’Eucaristia domenicale e poi torna a casa; ma io posso vivere la comunità cristiana, cercando di entrare sempre più profondamente nel mistero di Dio. Ecco allora che la parrocchia organizza gruppi, lectio divine, adorazioni davanti all’Eucaristia, momenti di condivisione e di incontro. Pieni di riconoscenza per questi 25 anni, guidati da molti sacerdoti che vi hanno accompagnato e che oggi sono qui, stasera facciamo un proposito: ci stringiamo ancora di più a Cristo, pietra angolare, e gli diciamo: ‘Guarisci la mia sordità, guarisci la mia balbuzie!’“.
Durante la Messa, che è stata animata in modo coinvolgente dal coro parrocchiale dei giovani, diretti da Arianna Di Pietro e accompagnati alla chitarra e alle percussioni da Arianna Bengasi e Francesco Di Leonardo, sono stati ricordati anche i preti e i diaconi che purtroppo non ci sono più: il primo parroco don Antonio Vallorani, che tanto ha contribuito a far realizzare la nuova chiesa parrocchiale, padre Graziano Sollini e il diacono Galliano Ciccarelli.
Dopo i riti di Comunione e prima della benedizione finale, il parroco don Alfonso Rosati ha ripercorso brevemente la storia della comunità villarosana ed in particolare gli ultimi venticinque anni. Queste le sue parole: “La storia della parrocchia di Villa Rosa è iniziata con Santa Maria Bambina nel 1933. Sono passati di qua otto parroci: don Giuseppe Focaracci, il primo parroco; poi don Paolo Di Gaspare, don Emilio La Galla e don Salvatore, morto improvvisamente nel 1986; con l’arrivo di don Antonio Vallorani si sono mossi i passi per costruire la chiesa; poi don Ulderico Ceroni, don Federico Pompei e ora io. Negli anni c’è stata la collaborazione di padre Graziano Sollini e di ben cinque vicari parrocchiali, un amministratore e due diaconi. Dalle prime foto della nostra chiesa, si evince che qui si era in aperta campagna e si è visto nella parrocchia quel centro di aggregazione, di servizi, quel luogo di incontro che papa Giovanni XXIII chiamava ‘fontana del villaggio‘ e che papa Francesco commenta così: ‘L’Antica fontana del villaggio, che continua a darci l’acqua di vita, nel Vangelo delle beatitudini ci chiama ad una vera rivoluzione, quella che trasforma radicalmente la vita’. Ci sono stati tanti rivoluzionari nella storia, ma nessuno ha avuto la forza di questa rivelazione che ci ha portato Gesù, che cambia in profondità il cuore dell’uomo. Continua papa Francesco: ‘Un cristiano, se non è rivoluzionario in questo mondo, non è cristiano’. Questa fontana continua a dare acqua alle generazioni di oggi. Quello che conta è che la fontana continua ad essere fedele al datore dell’acqua: non dimentichiamoci, infatti, che è solo uno strumento al servizio di Colui da cui sgorga acqua viva, che dona vita e felicità. Come comunità siamo chiamati ad essere permeati dall’amore di Cristo, a lasciarci condurre dallo Spirito Santo, ad innestare la nostra vita all’albero della vita – che è la Croce del Signore -, a far sì che la Parola di Dio sia quel faro di luce che indica la salvezza, a camminare e collaborare insieme. San Gabriele dell’Addolorata e Santa Maria Bambina ci aiutino a vivere questo cambiamento di mentalità e a vivere l’esperienza di Fede come esperienza gioiosa”.
Don Alfonso ha poi fatto portare sull’altare un dono che alcuni operosi e generosi parrocchiani hanno voluto regalare alla comunità: un nuovo Ostensorio, dorato, dalla consueta forma a raggiera, che servirà per esporre l’Ostia Consacrata durante i momenti di Adorazione Eucaristica. “Pensando di lasciare un segno di comunione legato all’Eucaristia – ha detto il parroco – alcuni fedeli hanno messo a disposizione il loro estro e la loro manualità per realizzare e vendere numerosi e pregiati manufatti, il cui ricavato è stato utilizzato per l’acquisto dell’Ostensorio”.
Dopo aver effettuato alcuni ringraziamenti, don Alfonso ha concluso: “Auguro alla comunità di riscoprire quell’entusiasmo che ha spinto i nostri nonni, 90 anni fa, a chiedere un luogo di incontro e di preghiera, e che ha poi spinto anche don Antonio a volere fortemente una nuova chiesa in cui far incontrare il popolo di Dio. L’anniversario della costruzione di questo edificio che ci ospita, possa rinverdire tutto quell’entusiasmo che ha mosso generazioni!”.
La serata si è conclusa con un momento di convivialità nei locali dell’oratorio, dove don Alfonso ha brindato per la lieta ricorrenza insieme al vescovo Gianpiero, agli altri sacerdoti e diaconi intervenuti e ai collaboratori parrocchiali.
Queste le parole del sindaco Massimo Vagnoni ai nostri microfoni: “Una chiesa non è solo un luogo in cui si custodisce la fede di un popolo, ma anche un luogo in cui ci si riconosce come comunità, al di là delle singole differenze. La presenza, quindi, di una chiesa in un territorio arricchisce spiritualmente ed umanamente chi lo abita. Peer tale ragione è veramente una grande gioia poter festeggiare il venticinquesimo anniversario della costruzione di questa nostra chiesa di Villa Rosa, che tra l’altro è dedicata a San Gabriele dell’Addolorata, un santo a cui siamo particolarmente devoti, tanto da averlo scelto come patrono della nostra Città di Martinsicuro”.
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