Il video di Marco Sprecacè 

Nel video Lorena Fornasir, da oltre sette anni, insieme al marito Gian Andrea, supporta ogni giorno i profughi della rotta balcanica che arrivano a Trieste, diretti nei vari Paesi europei e in Italia. La signora Lorena li assiste a piazza della Libertà, luogo di ristoro per i moltissimi profughi, davanti alla stazione centrale dei treni di Trieste. Sono centinaia le persone da aiutare, che arrivano principalmente da Pakistan, Afghanistan e Medio Oriente.

Con l’associazione che ha contribuito a fondare, Linea d’Ombra, riesce a fornire cure mediche ai ragazzi, a comprare del cibo per la sera.

La piazza simbolo di prossimità è un crocevia di migranti di passaggio. Ma ci sono anche dei medici volontari, gruppi di giovani provenienti da vari enti e associazioni che aiutato Lorena a gestire la piazza multietnica dell’emergenza.

La terza tappa, quella triestina, che approfondiremo con il prossimo servizio è stata preceduta da quella serba, ricca di testimonianze intense. Il racconto

Nella seconda tappa del viaggio nei Balcani, la Caritas Marche ha avuto modo di conoscere le attività della Caritas In Serbia. Siamo tornati a visitare Caritas Šabac, luogo di un gemellaggio partito oltre 20 anni fa. Le attività del Centro Diurno, Casa Accoglienza per malati mentali, Lavanderia e Ristorazione Solidale a Bogatic e Sabac sono una testimonianza concreta di un proficuo cammino fatto insieme.

Darko Tot General Manager e Don Mihai Gherghel Direttore della Caritas Serbia ci hanno illustrato il contesto sociale e religioso. La Serbia è un paese che cresce dal punto vista economico e lavorativo ma in calo demografico, i cattolici sono circa 400.000 ovvero il 6% della popolazione. Sono ancora purtroppo ampie le disuguaglianze tra i benestanti e i poveri, soprattutto gli anziani soli.
Negli incontri con le Caritas diocesane di Belgrado e di Srem abbiamo potuto vedere i progetti in atto e ascoltare le sfide che li attendono.
Questo viaggio è soprattutto un’occasione privilegiata per vedere con gli occhi le persone che percorrono la cosiddetta Rotta Balcanica. La Serbia è prevalentemente un paese di transito, nel 2024 i numeri ufficiali sono in netta diminuzione e molti campi, soprattutto nel nord del paese sono stati chiusi. Abbiamo visitato quello di Krnjača, alla periferia di Belgrado, e quello di Šid che si trova al confine con la Croazia dove Caritas porta avanti il servizio di Lavanderia e soprattutto le attività socio-ricreative con i minori e le loro famiglie.
Abbiamo vissuto tanti incontri emozionanti e al tempo stesso strazianti con le famiglie che rimangono per anni nei centri in attesa del riconoscimento. Alcuni dei loro figli sono nati nei campi e stanno passando qui i primi anni della loro vita.
Ma abbiamo anche visto la speranza nei volti e nelle parole dei minori stranieri non accompagnati. Ragazzi giovanissimi, tra i 13 e i 15 anni, che nei campi restano pochi giorni solo per un riposo prima di proseguire il loro viaggio verso la destinazione finale.

Quello che sta succedendo a pochi chilometri dai nostri confini nazionali, ha riportato in primo piano la questione migratoria lungo la rotta balcanica. È una questione difficile che si trascina da molti anni e i migranti restano intrappolati dall’indifferenza.

L’approfondimento

Abbiamo incontrato Daniele Bombardi di Caritas Italiana, coordinatore dell’area Balcani. Lo abbiamo intervistato.

MS: Qual è la situazione del territorio?
In tutta la Regione Balcanica, che rimane sempre e comunque un’area molto fragile dell’Europa per le proprie dinamiche interne e per le difficoltà tra i paesi dei Balcani a trovare un po’ di riconciliazione dopo gli anni novanta, da qualche anno ormai da 9 anni esiste la “rotta balcanica” che è la principale via migratoria in Europa, che è attraversata dalle persone, provenienti soprattutto dal Medio Oriente, dal nord Africa e dall’Asia per raggiungere l’Europa. Qualche numero per dare un’idea della dimensione nel 2023: più di centomila persone hanno attraversato la rotta balcanica, entrando in Serbia. La situazione, sebbene sia in calo nel 2024, è ancora molto attiva. C’è ancora molto transito, decisamente un contesto ancora molto vivo e dinamico, anche se, se ne parla poco, però in realtà le presenze delle persone sono ancora molto numerose.

MS: Oltre a dei numeri, c’è una situazione di difficoltà. Quali sono i flussi di questa migrazione e se ci sono stati dei mutamenti?
La rotta è molto cambiata nel corso degli anni. Oggi addirittura si parla di rotte al plurale, visto che i percorsi sono variegati. È cambiato anche il profilo delle persone che migrano. I primi a migrare 8-9 anni fa erano state solitamente le persone più abbienti, più capaci anche più ricche che si potevano permettere un viaggio, un’esperienza migratoria più semplice, adesso col passare del tempo arrivano persone sempre più povere da aree rurali, con meno mezzi, con meno strumenti e quindi vediamo che arrivano persone che fanno molta più difficoltà, non solo a fare il percorso migratorio, ma ad inserirsi nei paesi dell’Unione Europea una volta che giungono a destinazione.

MS: Quali scenari futuri? Ci sono delle previsioni possibili?
È molto difficile fare delle previsioni perché la “rotta” ha dimostrato in questi anni di cambiare continuamente, forse la previsione è proprio quella che è imprevedibile e non sappiamo che direzione prenderà. I flussi dipendono dalle situazioni di partenza, paesi in guerra, paesi in situazioni di persecuzione, paesi in crisi economica, dal paese di destinazione, da quanto l’Unione Europea è accogliente o quanto respingente alle frontiere, quindi i Balcani si trovano tra l’incudine e il martello e decidono poco, semplicemente vedono sul loro territorio passare le persone dai paesi più in difficoltà che provano a raggiungere l’Europa. Anche Caritas è presente lungo tutta la rotta in tutti i paesi, dalla Turchia fino alla Serbia con servizi alle persone e indipendentemente da quante ce ne sono o da che profilo si presenta.

Caritas è qui per dare una mano e dare un supporto a chi sta facendo questa dura esperienza migratoria, cercando di stare vicino soprattutto dal punto di vista umano, dal punto di vista psico-sociale e non solo materiale. Sicuramente i bisogni sociali ci sono, ma c’è anche molto trauma e tanta difficoltà di queste persone che stanno affrontando in questo momento. Penso ai bambini, alle famiglie, alle donne che attraversano la rotta e che quindi hanno bisogno di “calore umano” che i nostri operatori, i nostri colleghi, i nostri volontari riescono a dare lungo la rotta.

Azioni di prossimità e di sostegno alle popolazioni straniere che transitano in questi territori. Grazie Daniele Bombardi.

 

 

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