No a “polemiche digitali, sterili, polarizzate, di convenienza”, sì invece ad una Chiesa “segno di speranza nella società italiana”. Così il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, affronta il tema del dibattito sul futuro della Chiesa, nella sua introduzione al Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 20 marzo.

“Un aspetto toccato, a volte con valutazioni opposte, è la diminuita rilevanza e consistenza della Chiesa”, osserva il cardinale: “Per qualcuno è prova di scelte sbagliate, per altri effetto di scelte non compiute, per altri ancora constatazione angosciata di scelte da compiere. Il dibattito non ci fa paura. Anzi, abbiamo più volte invitato, anche nel Cammino sinodale, a interrogarsi in maniera larga e consapevole sulla missione della Chiesa oggi in Italia, di fronte al futuro complesso e incerto del nostro mondo”. “Non si può gestire il presente con una cultura del declino, quasi si trattasse solo di mettere insieme forze diminuite, di ridurre spazi e impegno o di agoniche chiamate al combattimento”, il monito di Zuppi, secondo il quale “riandare nostalgicamente al passato non è fare storia, perché questa ha una robusta connessione con il senso del futuro”: “Guardare al passato è una tentazione facile con l’avanzare dell’età, forse facile in un Paese anziano come l’Italia o in una Chiesa dove non poche persone sono avanti negli anni”. “Guardare continuamente con nostalgia al passato è espressione di una senilità ecclesiale”, ha denunciato il presidente della Cei citando San Giovanni XXIII: “È la tentazione della nostalgia di una presunta età dell’oro, quella prima del Concilio per taluni, dopo il Vaticano II per altri”. “Ma nella Chiesa non c’è mai una mitica età dell’oro”, l’obiezione di Zuppi: “I credenti non possono guardare al passato e lamentarsi del presente della Chiesa o di quello del Paese. La Chiesa viene da una lunga storia, per certi versi ne è segnata, ma – radicata nel presente – guarda al futuro con speranza”, come spiega Papa Francesco nella lettera per il Giubileo del 2025. “Bisogna ricomporre un clima di fiducia e di speranza nella nostra Chiesa, liberarsi da amarezze e renderle impegno, progetto, esperienza”, l’invito del cardinale: “La Chiesa può e deve essere, vivendo così, un segno di speranza nella società italiana”, senza “correre dietro alla banalità del pensiero comune”.

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