DALLA CHIESA – “C’è poco da fare con una persona ammalata di superbia. È impossibile parlarle, tantomeno correggerla, perché in fondo non è più presente a sé stessa. Con essa bisogna solo avere pazienza, perché un giorno il suo edificio crollerà”.

Lo spiega il Papa, nel testo preparato per l’udienza di ieri, che non ha letto a causa del perdurare del raffreddore, come ha spiegato ai fedeli riuniti in piazza San Pietro. Francesco cita un proverbio italiano – “La superbia va a cavallo e torna a piedi” – e spiega come la superbia “rovini i rapporti umani” ed “avveleni quel sentimento di fraternità che dovrebbe invece accomunare gli uomini”. È lunga la lista di sintomi che rivelano il cedimento di una persona al vizio della superbia: “È un male con un evidente aspetto fisico: il superbo è altero, ha una ‘dura cervice’, cioè, ha un collo rigido, che non si piega. È un uomo facile al giudizio sprezzante: per un niente emette sentenze irrevocabili nei confronti degli altri, che gli paiono irrimediabilmente inetti e incapaci. Nella sua supponenza, si dimentica che Gesù nei Vangeli ci ha assegnato pochissimi precetti morali, ma su uno di essi si è dimostrato intransigente: non giudicare mai. Ti accorgi di avere a che fare con un orgoglioso quando, muovendo a lui una piccola critica costruttiva, o un’osservazione del tutto innocua, egli reagisce in maniera esagerata, come se qualcuno avesse leso la sua maestà: va su tutte le furie, urla, interrompe i rapporti con gli altri in modo risentito”

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