DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

«Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto».
Cos’è la nostra vita? Un tirarci fuori dal mondo in cui viviamo? Un mettere da parte i nostri pensieri, i nostri desideri per far spazio solo ai pensieri, ai desideri, a ciò che è gradito a Dio?
Sembrerebbe questo il significato delle parole che abbiamo appena letto, tratte dalla lettera di Paolo ai Romani.
Ancora leggiamo nel Vangelo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».
Diciamoci la verità…qualcuno di noi pensa anche solo un attimo di voler rinnegare se stesso? O qualcuno di noi desidera seguire Gesù portandosi una croce sopra le spalle? O desidera addirittura perdere la propria vita?
Penso proprio che nessuno di noi, concretamente, aspiri a tutto ciò.
Ma cerchiamo di capire meglio le parole del Signore, parole che apparentemente sono molto nette e dure.
Innanzitutto, Gesù lascia ancora una volta noi, suoi discepoli, nella piena libertà: «Se qualcuno vuole venire dietro a me…» dice; nessuna costrizione, nessuna imposizione dall’alto, il Signore ci lascia in una condizione di totale libertà.
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso…»: rinnegarsi non vuol dire mortificarsi, annullarsi, annientarsi ma significa dirsi: il Signore ci precede, non perdiamolo mai di vista e teniamoci stretti a Lui.
Leggiamo nel Vangelo che, quando «Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto…venire ucciso e poi risorgere», Pietro si mise a rimproverarlo: ti difendo io, nessuno ti toccherà, nessuno ti farà del male. Ma Gesù stesso gli risponde: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo…».
Va’ dietro a me, torna a camminare dietro di me, torna a camminare con me da discepolo, senza pretendere di insegnarmi la strada, ma provando a mettere i tuoi passi dietro ai miei. Questo è rinnegare se stesso.
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce…». Lo abbiamo detto tante volte: la croce non è un destino avverso che il Signore ci tira addosso. Dio non ci manda le croci.
Ognuno di noi ha la sua croce, cioè ha la sua quotidianità di vita dentro la quale è chiamato a scegliere tra bene e male, benedizione e maledizione, vita e morte. Ognuno ha il suo cammino, ognuno ha la sua lotta, ma non siamo soli: «… prenda la sua croce e mi segua».
Non siamo chiamati ad affrontare la vita da soli, da eroi…no…lo facciamo dietro a Lui e con Lui, perché il cammino è già aperto e le tracce fissate!
«Perché chi vuole salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà».
Ce lo testimonia il profeta Geremia nella prima lettura.
Dopo l’entusiasmo, la dolcezza e la bellezza sperimentate all’inizio della chiamata, quando la Parola del Signore fu per lui la gioia e la letizia del suo cuore, Geremia passa ad una esperienza di amarezza e sofferenza, causata proprio dallo svolgersi del suo ministero profetico. È stato tutto un inganno di Dio? Un Dio che lo ha costretto ad annullarsi e stravolgere la propria vita?
Ascoltiamo Geremia: «Mi dicevo: “Non penserò più a Lui, non parlerò più nel suo nome!” Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo».
Nessun inganno, nessuna delusione, ma la forza di una passione e di un amore che ci fanno dire, come il salmista, «O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua».
Ricerca, anelito, desiderio, sete…il “gettarsi” nelle mani di Dio, diventa, allora, non un obbligo, non una imposizione, ma una necessità, una chance di vita, perché il suo amore vale più della vita, e solo questo amore sazia, sostiene, aiuta, ripara, custodisce.

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