Gli astronomi dell’Istituto Leibniz per l’Astrofisica di Potsdam (Aip) e della Specola Vaticana (Sp) hanno collaborato per effettuare un’indagine spettroscopica su più di 1.000 stelle luminose che si sospetta possano ospitare esopianeti propri. Il “team” – che comprende gli astronomi della Sp padre Paul Gabor, p. David Brown,  padre. Chris Corbally, e l’ingegnere della Sp Michael Franz – presenta ora i valori precisi di 54 parametri spettroscopici per ogni stella nel primo, di una serie di articoli, sulla rivista Astronomy & Astrophysics e rende pubblici tutti i dati alla comunità scientifica. “Questo numero così elevato di parametri, senza precedenti, sarà essenziale per interpretare la luce stellare e trovare connessioni tra le proprietà delle stelle e i loro possibili pianeti”, si spiega in una nota: “Le stelle raccontano storie su se stesse e, talvolta, sui loro pianeti non ancora scoperti. Il loro linguaggio è la luce. La luce stellare rivela molte proprietà fisiche di una stella, come la temperatura, la pressione, il movimento, la composizione chimica e altro ancora. I ricercatori analizzano la luce con un metodo chiamato spettroscopia di assorbimento quantitativa. A tal fine, i telescopi catturano la luce stellare e gli spettrografi la suddividono in base alla lunghezza d’onda in uno spettro simile a un arcobaleno, che rappresenta l’impronta digitale della luce della stella”. “Quando gli astronomi conoscono con precisione questi parametri, possono usarli per testare i loro modelli teorici delle stelle”, si legge ancora nel comunicato: “Spesso si scopre che i modelli presentano delle lacune o che le osservazioni degli spettri stellari sono ancora troppo imprecise. Ma a volte rivela che una stella ha una storia sorprendente per gli astronomi”. Questo è il motivo che ha spinto il “team” a condurre un’indagine ultra precisa sulle possibili stelle che ospitano pianeti. “Poiché le stelle e i loro pianeti si formano insieme, ci si è chiesti se l’esistenza di determinati elementi chimici in un’atmosfera stellare, o i loro rapporti isotopici o di abbondanza, siano indicativi di un sistema planetario”, spiega il Prof. Klaus G. Strassmeier, autore principale, direttore dell’Aip e ricercatore principale dell’indagine. Gli astronomi hanno ipotizzato che la quantità di diversi elementi chimici all’interno di una stella possa indicare la presenza di pianeti terrestri (mondi rocciosi come la Terra o Marte), possa suggerire l’età di tali pianeti e possa persino fornire indizi sul fatto che la stella abbia “mangiato” alcuni dei suoi pianeti. Questo aspetto deve essere ulteriormente approfondito e i dati ora pubblicati ne costituiscono la base.

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