DIOCESI – Si è svolta venerdì 17 marzo, presso la chiesa Sant’Antonio di Padova, una celebrazione penitenziale in preparazione alla Pasqua presieduta dal vescovo Carlo Bresciani ed organizzata dal gruppo di Apostolato Biblico della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, un Servizio dell’Ufficio Catechistico Diocesano coordinato da Francesca Russo, che è anche una laica consacrata facente parte della comunità “La Tenda del Magnificat”, e dall’Equipe costituita da Giancarlo Brandimarti, Paolo Marano, Mariano Olivieri,  Patrizia Palazzoni e Graziella Stracci.

L’appuntamento, dal titolo “Hai mutato il mio lamento in danza – 24 ore per il Signore”, è iniziato alle ore 21:15 e si è protratto per tutta la notte. Per l’occasione erano presenti anche alcuni sacerdoti della Diocesi che, dalle ore 22:15 in poi, si sono resi disponibili per le Confessioni. La veglia è proseguita con momenti di canto e preghiera continua dei Salmi e si è conclusa con la celebrazione della Santa Messa di sabato 18 marzo alle ore 7:00 presieduta dal vicario generale don Patrizio Spina.

La serata si è aperta con la consegna ad ogni fedele presente di una conchiglia contenente dell’incenso e di una locandina creata appositamente per l’occasione che da un lato riportava un celebre icona russa del XV secolo e dall’altro il Salmo 30 (29), il canto di dedicazione al tempio, la lode di ringraziamento a Dio che Davide compie per ringraziare il Signore di aver risposto alle sue chiamate. Prima del canto comunitario del Salmo scelto, Francesca Russo ha proceduto a spiegare il significato dell’icona scelta come copertina dell’incontro:

La rappresentazione non sembra tanto una descrizione, bensì una preghiera in atto: è, infatti, come se fossimo invitati ad ascoltare i sentimenti dei personaggi rappresentati e ci accorgiamo che è una preghiera di sofferenza, ma allo stesso tempo piena d’amore. Protagonista assoluta è la Croce, che si innalza al centro dell’immagine ed è piantata sulla terra, posizionata sul Golgota. Il sangue di Gesù giunge fin sulla testa, come a dire che il sacrificio di Gesù, quindi il Suo amore per noi, ci avvolge tutti, avvolge tutta la comunità. Le varie ferite che si trovano sul corpo di Gesù assumono un andamento ondulato, come se fossero sgorghi d’acqua, un elemento altamente simbolico che, in un contrsto di morte, è un richiamo alla vita e alla Resurrezione. Poi ci sono le altre figure intorno a Gesù: prima di tutto Maria, una madre sofferente, che sembra quasi sfiorare la mano del Figlio come per strapparlo a quel dolore, ma che, al contrario, con il movimento del suo corpo, sembra assecondare quello di Gesù; poi anche Giovanni, testimone silenzioso, tutto reclinato verso Gesù, come se facesse un inchino che allo stesso tempo è di sofferenza e di adorazione. Sullo sfondo si ergono le mura della città di Gerusalemme che Gesù ha vinto: il loro colore caldo, infatti, ricorda l’alba, ad indicare che Gesù è il nuovo sole che si innalza, è l’inizio di una nuova vita. E ci pensiamo così a tutti quei muri così duri da scardinare, quelli che sono nel nostro cuore e che sono le resistenze ad accogliere Gesù nella nostra vita. Infine non possiamo non notare il volto di Gesù che quasi accenna un sorriso. Egli ha sperimentato la fame, la sofferenza, la derisione, l’ingiustizia, è quindi piegato dal dolore; ma al tempo stesso la sua figura è maestosa e delicata: sembra che anche Lui stia per staccarsi dalla Croce come per iniziare una danza, la danza di una nuova vita”.

Dopo la lettura del Vangelo, ha preso la parola il vescovo Carlo Bresciani, il quale ha detto ai fedeli presenti: “Papa Francesco ha fortemente voluto questo incontro. ’24 ore per il Signore, il titolo che dà il tema a questa veglia penitenziale e di preghiera, è un richiamo al tempo, sia all’uso che noi facciamo del tempo sia al tempo che dedichiamo a Dio e quindi al nostro rapporto con Lui. Chiediamoci dunque: Come trascorriamo il nostro tempo? Lo usiamo per creare relazioni o per distruggerle? Perché spesso abbiamo tempo per tutto e per tutti, ma non per Dio? Facciamo allora in modo che questo tempo di Quaresima sia anche un tempo di grazia. E sarà così, solo se lo dedicheremo a riavvicinarci a Dio, ad incontrare l’Amore di Dio che è, infatti, il vertice della conversione. Cosa ci fa scoprire il nostro peccato, le nostre chiusure, il nostro egoismo, se non l’Amore di Dio? Nell’icona che ci è stata presentata, viene raffigurata tutta la solitudine di Gesù che arriva fino all’esperienza di sentirsi abbandonato anche da Dio. Egli dirà infatti: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’ Questa immagine di Gesù lasciato solo ci fa capire che il peccato demolisce le relazioni, le distrugge. Il peccato, infatti, conduce ad una solitudine che è sì personale, ma che riguarda tutta la nostra vita. Gesù quindi, proprio come capita a noi, fa esperienza di peccato, ma al tempo stesso sperimenta anche di perdono. Dunque facciamo così anche noi, riconosciamoci peccatori e chiediamo perdono al Signore. ‘Signore, abbi pietà di me peccatore!’: Chi di noi può non dirlo? Quando riceviamo l’Amore di Dio, ne siamo salvati. Dunque troviamo il coraggio di chiedere il perdono e di riceverlo: solo così avverrà la riconciliazione con Dio che ci porterà alla riconciliazione anche con i fratelli”.

Alle ore 23:00 è avvenuta l’esposizione del Santissimo e tutti i fedeli sono stati invitati a versare, in un catino usato come turibolo, l’incenso presente nella conchiglia ricevuta all’inizio della celebrazione, così da poterlo bruciare e far salire verso il cielo il suo profumo, in segno di offerta personale della propria preghiera e della propria vita, un segno al tempo stesso di adorazione e di dono al Signore.

Queste le parole del vicario generale don Patrizio Spina al termine della lunga veglia: “Nel cammino quaresimale abbiamo fatto una sosta, per una notte intera, illuminati e riscaldati dalla Parola di Dio e dalla preghiera davanti al Signore Gesù nell’Eucaristia. Questo è un appuntamento che – come ha ricordato il vescovo Carlo – da un po’ di tempo viviamo come Chiesa su proposta e indicazione di papa Francesco. Naturalmente anche noi abbiamo celebrato la 24 ore per il Signore, ma in realtà sono state ore anche per ciascuno di noi: fermi, infatti, davanti al Signore ad ascoltare quello che Egli ha saputo sussurrare al cuore di ciascuno di noi, possiamo davvero dire che è stata una notte intensa, vissuta insieme, gli uni per gli altri, gli uni accanto agli altri, con il Signore in mezzo. Ci siamo tutti sentiti accarezzati, ristorati, custoditi. L’ascolto della preghiera dei Salmi, avvenuta con accuratezza ed attenzione e quindi ben celebrata, ci ha permesso di vivere questo tempo come un tempo di cura: il Signore si è preso cura di noi, noi ci siamo presi cura gli uni degli altri e abbiamo avuto modo anche di prenderci cura di noi stessi. In fondo ci siamo fatti del bene, perché siamo stati accanto al Bene, al Sommo Bene che è il Signore Gesù. Provvidenziale è stata la Parola del Vangelo che abbiamo letto durante la Messa mattutina delle ore 7:00 con cui abbiamo concluso la veglia: la parabola del fariseo e del pubblicano in fondo al tempio ci ha ricordato la bellezza del sentirci guardati e riconosciuti. Anche se ci siamo sentiti a volte a distanza, il Signore ci è venuto incontro. Abbiamo concluso così, con questa celebrazione eucaristica, avendo percepito davvero che il Signore ci è venuto incontro e abbiamo ringraziato Dio perché di queste oasi di pace abbiamo davvero tutti bisogno, a gloria di Dio per il bene di tutta la Chiesa”.

Un ringraziamento particolare – ha concluso don Patrizio – va al Servizio di Apostolato Biblico Diocesano che ha organizzato benissimo questa veglia, ai fratelli e alle sorelle de “La tenda del Magnificat”, a tutti i presbiteri che hanno celebrato insieme la liturgia penitenziale e a tutti coloro che, nella serata e nella notte, si sono fermati in chiesa per arrivare fino all’alba, facendo sì che la preghiera dei Salmi salisse con continuità al Cielo come incenso profumato gradito a Dio”.

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