DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Ci dice San Paolo che Dio sceglie quello che il mondo considera stolto per confondere i sapienti, quello che il mondo considera debole per confondere i forti, quello che il mondo disprezza e considera ignobile e nullità per ridurre al nulla tutte le cose.
Stoltezza, debolezza, nullità scelti da Dio; sapienza, forza, superiorità scelti dal mondo.
Non è certo uno spirito di “raccoglimento” quello che Dio ha, un cercare di tirar su, di consolare, non è una compassione spicciola o un puro pietismo quello che spinge il Signore a questa scelta. Infatti, sempre Paolo conclude scrivendo: «…chi si vanta, si vanti nel Signore».
Quello che l’uomo cerca, diciamocelo, è di avere un peso, una consistenza davanti agli altri, ha bisogno di essere riconosciuto dall’altro e quindi cerca il proprio vanto, il proprio valore, la propria identità. E il vanto da cosa è dato? Dalla sapienza che hai, dal potere che hai, da quanto conti nella porzione di spazio, tempo, luogo in cui sei chiamato a vivere.
Su tutto ciò fonda le sue relazioni, con se stesso, con gli altri, con Dio.
A questo si contrappone un altro modo di valere, e di conseguenza di vantarsi, che è quello di Dio.
Lo leggiamo nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Sofonia. L’autentico popolo di Dio è un resto, un resto formato da chi è giusto, fedele, mite, non orgogliosamente autosufficiente ma cosciente della sua dipendenza da Dio e del suo essere cercatore di Dio e della sua giustizia, coloro, come scrive appunto San Paolo, che si vantano nel Signore.
Questa ottica ci aiuta a leggere il brano delle beatitudini che, oggi, l’evangelista Matteo ci presenta. Gesù, in questo suo discorso, afferma che l’azione di Dio, l’occhio di Dio è rivolto verso gli ultimi, gli emarginati, i sofferenti, gli affamati, i perseguitati. Ma Gesù non vuole dire che se sei povero, se sei sofferente, se sei perseguitato, allora sei nella gioia.
Chi è perseguitato è oggettivamente nel dolore; chi è affamato, è nel pianto, a volte nell’angoscia. E la nostra esperienza quotidiana ce lo ricorda bene.
Gesù ci dice: sappi che questa condizione attira lo sguardo di Dio su di te, la sua azione si orienta verso la tua sofferenza, la tua fame, il tuo pianto, il tuo essere perseguitato.
Sono beati i poveri, non la povertà; Dio è dalla parte di chi piange, non dalla parte del dolore…Dio è con chi è perseguitato, non dalla parte della persecuzione…sono beati gli uomini, non le situazioni!
Allora beati quelli che vivono con cuore semplice, essenziale, trasparente; beati perché lasciano Dio regnare in loro.
Beati coloro che, pur essendo nella sofferenza, sanno volgere lo sguardo al Dio che fa compagnia, che consola, che sta con chi è solo.
Beati quelli che non cedono alla violenza che ciascuno di noi porta in se stesso e attraverso i quali passa la storia vera, quella di Dio.
Beati quelli che hanno uno sguardo limpido, che non passano il tempo a sottolineare l’ombra degli altri: beati perché attraverso la loro trasparenza permettono a chi è loro accanto di arrivare a Dio.
Dire beati allora è dire: in piedi voi che piangete, in piedi voi che siete poveri…avanti, in cammino, Dio cammina con voi, asciuga le lacrime, fascia i cuori, apre sentieri…per una storia che avanza non per le vittorie della forza ma per semine di giustizia e raccolti di pace!

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *