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Volontariato. Pizzuti (Caritas Roma): “Si inizia con una motivazione e se ne scoprono altre”

Una volontaria all’Emporio solidale di Rho, diocesi di Milano (foto Caritas Ambrosiana)

M. Elisabetta Gramolini

L’amore per gli altri non è una materia di formazione. Non si apprende sui libri. Eppure per incontrare chi ha bisogno non si può andare allo sbaraglio. Né tanto meno da soli. Certo, la motivazione nasce dall’individuo ma è poi il gruppo a far capire il meglio che si può tirare fuori per il bene comune. Con questa consapevolezza, la Caritas diocesana di Roma apre le iscrizioni per i corsi di formazione dei nuovi volontari che andranno a servire nei 52 centri e opere attive nella Capitale. Dal 13 febbraio al 19 marzo, nell’arco di otto incontri presso la Cittadella della carità (via Casilina vecchia, 19), i volontari e i responsabili delle aree illustrano le caratteristiche e le diverse realtà della Caritas. Ogni anno sono circa 300 le persone che svolgono il corso di formazione che quest’anno sarà suddiviso in quattro gruppi (due la mattina, uno il pomeriggio e uno la sera) per dare a tutti, lavoratori, studenti o pensionati, la possibilità di partecipare. “Potremmo fare dei semplici colloqui – spiega Gianni Pizzuti, responsabile dell’area volontari – per conoscere le propensioni di chi vuole essere un volontario invece crediamo nel contributo che sa dare il gruppo, dove ciascuno si sente sostenuto, e nel confronto che nasce per superare i dubbi o le difficoltà”.

Perché per diventare volontari occorre fare un corso?
Sono diverse le motivazioni che spingono una persona a voler diventare un volontario. Da anni, uno dei primi incontri del corso è destinato a mettere in luce le motivazioni. Spesso la motivazione iniziale non resta l’unica o la stessa. Dopo aver avviato l’esperienza, entrano in gioco altre dimensioni come il rapporto con l’altro, la voglia di conoscere, chiedersi perché e pure capire quali sono i propri pregi. Potremmo fare dei semplici colloqui per conoscere le propensioni di chi vuole essere un volontario invece crediamo nel contributo che sa dare il gruppo, dove ciascuno si sente sostenuto, e nel confronto che nasce per superare i dubbi o le difficoltà.

Il volontariato in Caritas attiva diverse sensibilità.

Non c’è solo l’aiuto materiale, come il servire i pasti alla mensa ma anche il mettersi in ascolto del disagio della persona. Magari si parte da una motivazione ma poi è l’incontro che spinge altri tasti e si scopre di ricevere tantissimo. Nascono tante domande e il corso ha lo scopo di preparare le persone sapendo che l’esperienza avrà un’importanza fondamentale.

Negli anni è cambiato l’essere volontario a Roma?
La crisi economica ha provocato dei cambiamenti. Ci sono persone che hanno perso il lavoro e che per questo si avvicinano all’esperienza del volontariato.

La pandemia ha creato maggiore sensibilità. Per un anno non abbiamo fatto corsi ma appena abbiamo ripreso molte persone si sono avvicinate perché sfiorate dai problemi o perché hanno conosciuto qualcuno in difficoltà.

A Roma ci sono tante realtà di volontariato, anche laico. Essere un volontario Caritas è differente?
La Caritas non chiede e non dà affiliazioni. E infatti nessuno avrà mai un tesserino.

Il volontariato è uno spazio aperto a tutti, credenti e non. Non c’è alcun vincolo sul percorso di fede tranne l’invito a condividere un’idea di servizio all’altro. Don Luigi Di Liegro (fondatore della Caritas diocesana di Roma, ndr) diceva che il volontariato dovrebbe essere una palestra di solidarietà, dove le persone si allenano a comprendere che quel tipo di esperienza può essere importante nella vita quotidiana per sviluppare una cittadinanza attiva.

Ho sempre pensato che la Caritas offrisse questo: uno spazio di crescita umana, sociale e anche spirituale.

In settimana sono morti due senza fissa dimora a Roma per il freddo. Come è possibile che ancora accada questo?
Per una città come Roma resta una piaga non riuscire ad accogliere tutti. I posti nei centri di accoglienza sono purtroppo minori rispetto alle persone che vivono in strada. Questo è un dramma. Mentre le mense sono tante, l’alloggio resta un problema grande.

In una città così grande è difficile anche trovare qualcuno con cui parlare?
La solitudine è un aspetto che ci deve interrogare. Abbiamo un servizio che si chiama “Aiuto alla persona” specifico per chi vive in condizione di isolamento. È un aspetto fondamentale avere persone che si mettono a fianco, che hanno la capacità di fermare gli altri e parlare con loro. Il bisogno di essere ascoltati riguarda tante persone, non solo povere, che vivono situazioni di disagio nascoste. Per esempio chi viene all’Emporio di solidarietà vive in una casa non in strada. Avere volontari che ti sostengono è importante, anche perché può essere solo una fase della vita, non è detto che persista.

Redazione: