DIOCESI – Ieri, mercoledì 4 gennaio, il vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani ha presieduto una una Santa messa in suffragio del papa emerito Benedetto XVI.
La celebrazione si è tenuta alle ore 18.00, presso la Chiesa Cattedrale Madonna della Marina a San Benedetto del Tronto.

Il Vescovo Bresciani durante l’omelia ha affermato: “Di fronte alla morte, anche alla morte di uno che è stato papa, non ci resta che la preghiera con la quale consegniamo a Dio tutta la storia personale del defunto con la consapevolezza che ogni vita umana è dono di Dio, destinata a tornare a Lui che aspetta ciascuno con le braccia allargate della sua misericordia.

Ognuno di noi è dono di Dio, dicevamo, ma ognuno di noi dona qualcosa all’umanità. Joseph Ratzinger-Papa Benedetto XVI ha donato moltissimo alla Chiesa e all’umanità: come uomo, come credente, come prete, come teologo, come papa, ma anche come papa emerito.
Mentre ci accingiamo a dargli l’ultimo saluto terreno, sento tutta la difficoltà a parlare questa sera, non solo per l’affetto che mi legava al papa emerito, ma anche per la difficoltà a presentare la sua personalità e la sua vita in poche inadeguate parole. Ma non possiamo questa sera non fare memoria almeno di qualcosa del tanto che ha donato nel nome di Dio alla Chiesa e che ci lascia come eredità. Si tratta di una memoria carica di una grande gratitudine per quanto ci ha donato in tutta la sua vita.
Egli ha speso la sua vita per confermarci nella fede, quella semplice, ma autentica e profonda che aveva ricevuto dai suoi genitori, che con i suoi studi di teologia ha approfondito nel confronto incessante con la modernità che sembra volerne scuotere le fondamenta stesse, che con il ministero sacerdotale, episcopale e petrino ha servito con assoluta e ferma fedeltà. Un impegno incessante che scaturiva dal suo amore per Gesù, amore che ha confessato anche con l’ultima sua parola terrena. Ha chiuso gli occhi nella morte con le parole “Signore ti amo”. Una profondissima professione di fede e di amore. Lui stesso ebbe a scrivere nel lontano 1969: “La fede distinta dall’amore non è affatto un’autentica fede cristiana, bensì solo una sua mera apparenza” (Introduzione al cristianesimo, p. 163).
Da papa ha scritto la sua prima lettera enciclica, lettera rivolta a tutto il popolo cristiano per confermarlo nella fede secondo il mandato di Gesù a Pietro (cfr. Lc 22, 32), proprio sulla carità -Deus caritas est-, collegando inseparabilmente carità e fede.
Un po’ tutti sottolineano in questi giorni la sua grande ed evidente intelligenza teologica e la finezza del linguaggio chiaro con il quale sapeva parlare delle cose di Dio e della Chiesa. A me piace questa sera ricordarlo, oltre che come grande teologo, per il suo grande amore a Gesù e alla Chiesa, che si manifestava anche nel modo estremamente delicato e dolce, perfino nel tono della voce spesso accompagnato da un mite sorriso: atteggiamenti con cui si rivolgeva a chiunque lo avvicinasse o dialogasse con lui. Veramente un umile lavoratore nella vigna del Signore.
Delicatezza e dolcezza a volte erroneamente scambiate con timidezza, ma che invece provenivano da una grande certezza interiore e da una grande carità con la quale accostava tutti, anche le persone più umili. Sempre delicato e dolce nei modi, ma fermo sui principi fondamentali come un servo fedele che conserva gelosamente il patrimonio ricevuto in deposito, preoccupato di passarlo alle generazioni future. Nel suo testamento spirituale, infatti, rivolge una calda e appassionata esortazione a custodire la fede: “Rimanete saldi nella fede!”. Lo dice a tutti noi.
Mi pare di poter dire che questa è stata la sua fondamentale preoccupazione, nella vita, negli studi e nel ministero petrino. I suoi tre libri sul Gesù di Nazareth, di una grande acribia e cultura teologica, hanno voluto essere disanima e confutazione di teorie inadeguate sul Gesù storico, una sorta di ultimo canto di intelligente amore a Gesù. Egli chiude questa trilogia sul Gesù di Nazareth spiegandoci il motivo della gioia cristiana e certamente della sua propria: “Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. È questa la ragione della gioia cristiana” (p. 324).
Nonostante le inevitabili croci e incomprensioni, ha vissuto la sua fede tenace con quella serenità che solo un amore sincero può dare. Un amore che è arrivato fino al perdono di colui che viveva in casa con lui e, tradendo la sua fiducia, ha sottratto dalla sua scrivania di pontefice carte molto riservate, legate al suo ministero papale, e le ha fatte pubblicare. Gesto di perdono che ha avvicinato Benedetto XVI ancor di più a Gesù, il quale ha perdonato chi lo ha rinnegato e perfino chi lo aveva messo in croce. Esempio sicuro di fede non solo parlata e spiegata con profondità teologica, ma vissuta concretamente nelle contraddizioni dolorose della vita.
Egli così chiudeva il suo libro sull’Introduzione al cristianesimo, per me uno dei migliori suoi scritti, anche se opera di età giovanile (nel 1968 aveva 41 anni): “Chi davvero crede, sa che si marcia sempre ‘in avanti’, non in circolo vizioso. Chi crede sa che la storia non assomiglia affatto alla tela di Penelope, continuamente ritessuta per poi venir continuamente disfatta. Potranno magari piombare anche sul cristiano gli incubi angosciosi e terrificanti dell’inutilità di tutto… ma pur nel suo incubo, penetra la voce salvifica e rianimatrice della suprema realtà: ‘Fatevi coraggio, io ho vinto il mondo’ (Gv 16, 33). Il mondo nuovo, con la presentazione del quale sotto il simbolo della nuova Gerusalemme termina la Bibbia, non è affatto un’utopia; è invece la certezza cui andiamo incontro tenuti per mano dalla fede. Esiste ed è già in atto la redenzione del mondo: ecco la ferma fiducia che sostiene il cristiano, galvanizzandolo con la convinzione che val davvero la pena anche oggi essere cristiani” (pp. 297-298).
Val la pena anche oggi essere cristiani, val la pena lasciarci prendere dall’amore per Gesù, un amore che ci fa marciare sempre ‘in avanti’ con gioiosa fiducia, anche dentro le contraddizioni del mondo. Mi pare di cogliere qui ciò che ha voluto dirci nel suo testamento spirituale: “Rimanete saldi nella fede”: avanti, non attardatevi in inutili nostalgie del passato, ma sempre saldi nella fede. Fatevi coraggio, Cristo ha vinto il mondo!
Caro papa emerito Benedetto XVI, ora che con la morte sei pienamente immerso nel mistero di Cristo, intercedi per noi quella saldezza della fede nella carità che ha animato e sorretto tutta la tua vita, anche nell’umile silenzio del monastero in cui ti sei ritirato negli ultimi anni della tua vita per continuare, nella preghiera, a contemplare il volto di Cristo e della Chiesa.
Con papa Benedetto preghiamo: “Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare ed amare con te. Indicaci la via verso il suo regno! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino!” (Spe salvi, n. 50).
Santa Maria guida il suo cammino verso il riposo nella pace di quel Cristo che ha amato con tutto se stesso fino alla fine. Riposi in pace!”

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