DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto

la liturgia ci ricorda quelli che sono i tratti fondamentali del discepolo.

Leggiamo insieme: «In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi».

Gesù, innanzitutto, chiede a noi di fare comunità, di non essere battitori liberi e di vivere la fraternità, la solidarietà e l’aiuto reciproco. Ci chiede anche di precederlo, non di sostituirlo, perché è sempre Lui che converte e non noi, è Lui che ha già riscattato e salvato il mondo. A noi il compito di vivere da salvati e raccontare la salvezza, null’altro, perché tutto è nelle mani di Dio.

«Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali…»: non agnelli in mezzo ai lupi nel senso di vittime sacrificali in mezzo ad un mondo ostile, malvagio e peccatore. Il discepolo è un agnello, cioè non si presenta forte, come colui che sa tutto e non ha bisogno di nulla e nessuno, non si presenta come il più grande, ma come colui che è mite e, attraverso questa sua mitezza, porta la Buona Notizia dell’incontro con il Pastore Bello, Colui che, ogni istante, si prende cura del suo gregge, lo custodisce, lo nutre, lo consola, lo cura.

Nessuna borsa ha con sé il discepolo, perché l’annuncio del Vangelo è nel segno della gratuità, della testimonianza di vita, perché il nostro tesoro è lo Spirito che non prende, non possiede, non scambia ma dona!

Nessuna sacca per le provviste perché, prima di tutto, il pane che ci dà vita è quello della Parola e della fraternità. Nemmeno i sandali ai piedi perché i sandali li calzano i soldati e i padroni, e, da discepoli, vogliamo solo porci a servizio della Parola, a servizio dell’uomo!

«In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”». Non è una formula di cortesia, né un semplice saluto: la pace è quella pienezza di vita e di relazioni di cui il Signore ci ha inondato «come un torrente in piena» e che non possiamo fare a meno di ridonare.

Tutto questo, però, mettendo in conto il rifiuto, l’ostilità, la mancanza di fiducia: non si tratta di vincere o perdere, fare proselitismo e acquisire adepti per la propria causa ma avere coscienza della pazzia, della illogicità di un amore, quello di Cristo per l’umanità, che possiamo donare solo “sprecandolo” a piene mani, senza riserve.

E’ questo «l’essere nuova creatura» di cui ci parla San Paolo, creature per le quali «non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo», uomini e donne che scelgono, ogni giorno, di confidare non nei doni ricevuti o nei propri meriti ma nella conoscenza e nella esperienza di un Dio che mai si stanca di noi e che sempre ci custodisce.

Lasciamoci allora accompagnare oggi e l’intera settimana dalle parole del profeta Isaia: «Perché così dice il Signore: “Ecco, io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la pace; come un torrente in piena, la gloria delle genti. Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò…»

 

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