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Rubrica “Pausa Caffè” I cibi della miseria: la “Cipollata”

Rubrica “Pausa Caffè”

Piccole note, annotazioni storiche dell’arte culinaria di un tempo, quando con buona volontà inventiva, si creavano piatti prelibati con pochi e poveri ingredienti.

Non parliamo dei contadini ricchi, che avevano il maiale o i terreni, ma di coloro che lavoravano la terra di altri e non avevano davvero di che sfamarsi, a volte. Uno di questi antiche pietanze “riempi-stomaco” era la cosiddetta “Cipollata”, consistente nella cottura di un chilo di cipolle in acqua e poco olio, mentre a parte veniva rosolata carota, sedano, prezzemolo, aglio e pomodori ( questi ultimi dopo la scoperta dell’America però) che si univano in una sorta di “friggitone” che riempiva lo stomaco, a volte con l’aggiunta di basilico, pecorino grattugiato e pepe e se c’era, anche pane raffermo.

Pan raffermo che serviva anche per fare dolci, ammollato con latte, dolcificato e cotto come una torta-povera antispreco ora, risolutiva in assenza di altri ingredienti un tempo. Si friggeva tutto: polenta, pane, verdure pastellate a cui le alici, spezzettate e infilate davano sapore. Il fritto riempiva e saziava in più era gustoso, l’olio riusato innumerevoli volte e il fegato non si lamentava, che tanto per il resto dell’anno aveva poco da lavorare, vigendo molto spesso il “digiuno detox” come si dice ora. A sfamare e anche a far bene alla salute erano le “erbe” ( verdure) perlopiù “trovate” ossia cercate a mano nei campi dalle esperte mani delle donne e ragazzine che fin da piccine imparavano quest’arte preziosa, che va molto di moda oggi con la riscoperta “ Bio” dei sapori di un tempo. Così cicorietta  e bietolina selvatica, piantaggine, tarassaco,  crespigno da erbette umili e spontanee dei campi, diventavano le “regine” della tavola dei poveri. Nel passato ci sono stati casi estremi di carestie talmente gravi che la gente mangiava perfino la ..”terra”! In effetti si facevano dei biscotti di fango insaporiti con uvetta e pochissima farina, ammorbiditi un poco da olio di sansa o scarti di quello di oliva. La stessa cosa valeva per il pane: poca farina, molta crusca, un po’ di terra, anche segatura di legno in minima parte e farina di castagne…Questi cibi “estremi” oltre a mettere a dura prova i ..denti,avevano la facoltà di riempire lo stomaco ma a lungo andare l’eccessivo uso di cereali e di materiali inerti ingeriti causava malattie, come il rachitismo, anemie e quant’altro.

In alcuni paesi dell’Africa, ancora oggi le donne incinte comprano il caolino, che è una argilla-pietra biancastra aromatizzato con curry, zenzero e pepe e..lo mangiano! Ciò per esaudire il bisogno di calcio durante la gravidanza. Tuttavia sarebbe come se noi mangiassimo gesso murale!

A parte il dramma di queste situazioni, che in questa rubrica volutamente “leggera” non vogliamo approfondire, a volte l’uso di pietanze di scarto ne ha reso celebri gli ideatori.

Un tempo ad esempio i fagioli con le cotiche oppure la trippa erano considerati piatti volgari, del popolino, mentre oggi i vip vanno dagli chef stellati a farsi somministrare assaggi di queste pietanze tradizionali in ristoranti di lusso come se fossero delle vere e proprie leccornie!

  • Visto che il caffè sta finendo, per concludere questo breve excursus sui cibi della miseria, come non pensare alla celebre “Miseria e Nobiltà” commedia teatrale del 1888 di Edoardo Scarpetta resa famosa anche in versione cinematografica nel 1954 grazie a Totò, il Principe della Risata? A questo proposito proponiamo gli “Spaghetti alla San Gennaro” il piatto preferito proprio da Totò.
  • Ingredienti ( per 6 persone):
  • 500 g di spaghetti
  • 3 Fette di pane raffermo
  • 4 acciughe dissalate
  • basilico
  • origano
  • aglio
  • olio extravergine di oliva

Iniziare strofinando le fette di pane con aglio, quindi sbriciolarle in un piatto. In una padella bisogna far soffriggere, con poco più di due cucchiai d’olio, due spicchi d’aglio interi: soffriggere il pane nell’olio senza che l’aglio prenda troppo colore. In un’altra padella versare l’olio, le acciughe tritate ed un po’ d’origano. Cuocere gli spaghetti al dente e passarli, dopo averli scolati, nella padella con le acciughe, unire anche il pane croccante, mescolare rapidamente unendo una manciata di basilico spezzettato con le mani. Se il piatto è troppo secco di potrà aggiungere poca acqua di cottura. Servire immediatamente.

Con questo piatto povero delle nonne napoletane di cui andava ghiotto il grande TOTò, il principe Antonio De Curtis vi salutiamo aspettandovi al prossimo numero di “Pausa caffè”. Se volete potete scriverci un commento al numero whathsapp di redazione : 371 1715065.

 

 

 

Susanna Faviani: Giornalista pubblicista dal '98 , ha scritto sul Corriere Adriatico per 10 anni, su l'Osservatore Romano , organo di stampa della Santa Sede per 5 anni e dal 2008 ad oggi scrive su L'Avvenire, quotidiano della CEI. E' Docente di Arte nella scuola secondaria di primo grado di Grottammare.