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Ddl Zan: cosa prevede e le critiche: identità di genere e libertà di opinione

Marcello Palmieri da Avvenire

Il disegno di legge Zan deve il suo nome al deputato del Pd che l’ha presentato, Alessandro Zan. Il ddl è stato approvato nel novembre 2021 alla Camera e alla fine di aprile 2021 è stato calendarizzato al Senato, in commissione Giustizia. Prevede aggravanti specifiche per i crimini d’odio e le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili. Ma nella sua attuale formulazione il testo contiene affermazioni tutt’altro che pacifiche. Se approvato così com’è, cioè, potrebbe aprire la strada a interpretazioni difformi, fuorvianti, e in certi casi addirittura liberticide.

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Tra i punti più problematici vi è il comma d) dell’articolo 1, secondo cui “per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”.

Questa norma cancellerebbe dunque il dualismo uomo-donna a vantaggio di un’autopercezione individuale per la quale non verrebbe neppure richiesta una forma di stabilità.

C’è poi il problema della sovrapposizione terminologica tra sesso e genere: è il primo, secondo la nostra Costituzione, a essere parametro per l’assegnazione dei diritti, non il secondo. Senza contare che, allo stato, la definizione di “genere” è tutt’altro che condivisa.

Altro nodo da sciogliere, quello dell’articolo 1, comma a). Il disegno di legge, sul punto, vorrebbe punire con reclusione (fino a un anno e sei mesi) e multa (fino a 6mila euro) chi “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi […] fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”, senza però chiarire in che cosa debbano consistere (o non consistere) queste condotte antigiuridiche. Un esempio: gran parte del mondo Lgbt si batte per il matrimonio omosessuale, ritenendo discriminatori gli ordinamenti giuridici – come il nostro – che non lo prevedono.

Da qui, uno dei tanti interrogativi: una volta divenuto legge, in nome del ddl Zan si potrebbe perseguire penalmente chi affermasse che presupposto delle nozze è la diversità di sesso tra coloro che vi convolano, battendosi perché ciò continui a essere?

D’altronde, la bozza normativa sembrerebbe andare in questa direzione già nel titolo che descriverebbe il reato: “Propaganda di idee […] e atti discriminatori […] fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere […]”. Sembrerebbe voler modificare questi scenari l’articolo 4 della norma (“Pluralismo delle idee e libertà delle scelte”), ma “la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte”, così si legge, “sono fatte salve […] purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori”.

E qui ritorna il problema interpretativo che la norma pareva voler allontanare. Perplessità desta anche l’articolo 7 della bozza, che istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, il 17 maggio. Qui il campo si allarga ulteriormente, obbligando il lettore – interpretatore della norma ad alzare lo sguardo dalle singole disposizioni specifiche allo scenario complessivo disegnato dal ddl. Che appare non solo e non tanto concretizzare una (più che legittima) volontà di combattere ogni forma di violenza e discriminazione, ma anche e soprattutto un tentativo di equiparare con un colpo di mano (anzi, di legge) ciò che si fonda sulla complementarietà tra maschio e femmina con altre esperienze affettive.

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