Scuole più inclusive, parrocchie più vive, percorsi di catechesi rinnovati: è quello che ha chiesto il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nell’introduzione dell’ultimo Consiglio episcopale permanente, evidenziando che “i processi educativi sono significativi per le persone quando si basano sulla comunicazione dell’attenzione e della cura”. Nell’impegno a risanare la frattura educativa causata dall’emergenza sanitaria non mancano oratori e comunità parrocchiali.
l’oratorio, prima di uno spazio fisico, è un luogo dove l’incontro con l’altro genera un valore di annuncio,
dove le attività non sono altro che il contesto affinché questo incontro possa realizzarsi in una chiave di senso”. Il Cor, spiega il presidente, “nell’ultimo anno ha cercato di farsi accanto agli oratori in questo percorso creativo, offrendo supporto formativo e strumentale ai catechisti, nonché i necessari chiarimenti relativi al perimetro entro cui operare sulla base delle disposizioni governative”.
Chiaramente “siamo anche noi, come associazione, dentro un processo di comprensione di questa nuova realtà; e sulla base di questo sta mutando il nostro modo di accompagnare gli oratori.Se in un primo momento il cambiamento del Cor e degli oratori può essere stato di natura adattiva rispetto alla situazione di emergenza, in cui sostanzialmente continuava a essere messo in campo un modello ‘top-down’ di proposizione ecclesiale, dove i bambini e le loro famiglie costituivano i soggetti passivi dell’azione della parrocchia, con il prolungarsi del fenomeno pandemico abbiamo preso consapevolezza delle possibilità offerte dall’‘ospedale da campo’”.Il card. Bassetti “mi sembra richiamare proprio questa prospettiva dell’operare insieme e non sopra i soggetti cui ci rivolgiamo; del resto siamo tutti – grandi e piccoli – dentro lo stesso cammino di vita e di fede. A nostro modo di vedere è questa la chiave con cui ripensare gli oratori oggi: prima dei progetti – per i quali la creatività pastorale certo non manca –
mettere al centro i processi educativi e relazionali,
i quali rendono capaci di guardare la realtà e di non sprecare questa crisi, cogliendola veramente come ‘tempo opportuno’ e non solo come arrendevole attesa che tutto passi”.
Inoltre, “subito dopo la riapertura, sempre in questa linea il venerdì ho tolto la messa della sera, lasciandola al mattino presto, per dare tutto l’anno spazio al sacramento della Riconciliazione, dalle 17 alle 20:
durante la pandemia ci sono state troppe richieste di comunioni, ma troppo poche di confessioni: eppure ogni crisi (globale o personale) dovrebbe indurre a una continua conversione, una sostanziale rimessa in discussione!”.
Ma non finisce qui: “Ho anche deciso di tenere sempre aperto l’ufficio parrocchiale da lunedì a sabato, tutto il giorno, grazie all’aiuto di validi collaboratori, per accogliere e ascoltare situazioni sempre crescenti di disagio”. Don Alessandro conclude: “Al di là delle iniziative specifiche, spero che ognuno di noi comprenda che l’importante è prendere iniziative, cioè
non limitarsi a riparare e restaurare, così da non vedere in quanto è successo (e sta succedendo) solo un danno, ma un’occasione di rigenerazione per la Chiesa”.