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Papa in Giappone. Alla Sophia University dei gesuiti l’incontro con 700 studenti e con i confratelli

Patrizia Caiffa

Una grande aula universitaria nell’edificio 6 e una antica cappella in legno dove il sole entra da vetrate affacciate sul verde. Siamo nel quartier generale dei gesuiti e in una delle più prestigiose università del Giappone. E’ questo l’ultimo luogo che visiterà Papa Francesco a Tokyo il 26 novembre prossimo prima di tornare a Roma, a conclusione della sua visita apostolica iniziata il 20 novembre in Thailandia e il 23 in Giappone. Un luogo del cuore, perché qui incontrerà privatamente i confratelli e amici gesuiti e gli studenti della Sophia University, fondata nel 1913  dalla Compagnia di Gesù su invito di Papa Pio X.  E’ il cancelliere della Sophia University padre Tsutomu Sakuma, docente di teologia, a farci da guida tra gli imponenti edifici grigi e gli alberati viali dell’università.

P. Tsutomu Sakuma, cancelliere Sophia University – foto: SIR/Caiffa

Un prestigioso ateneo. Qui è un continuo via vai di studenti che entrano ed escono dalle aule, comprano un pezzo di pizza o un piatto di pasta nel caffè universitario o negli stand di street food, studiano nelle biblioteche. Una sferzata di gioventù indaffarata e proiettata verso un futuro promettente: oggi

12.000 frequentano il baccalaureato e altri 1000 si stanno specializzando nei master. 580 sono i docenti, tra cui una ventina di gesuiti.

8 le facoltà, 18 i dipartimenti, con due corsi speciali in inglese nella facoltà di scienze e un approccio interdisciplinare di altissimo profilo. E’ in programma anche l’avvio di un corso sulla sostenibilità ispirato all’enciclica “Laudato sì”, per formare personale destinato alle organizzazioni internazionali.

Un ateneo internazionale. Una caratteristica dell’ateneo gesuita è anche l’internazionalità, con la possibilità di scambi universitari: 2.000 giapponesi ogni anno all’estero e 1.000 giovani di altre nazionalità vengono a studiare a Tokyo. Solo una minoranza sono cristiani, una proporzione che corrisponde alla percentuale della presenza della Chiesa cattolica in Giappone, lo 0,4% di 126 milioni di abitanti.

Con i gesuiti e 700 giovani. La mattina del 26 novembre il Papa celebrerà messa in privato con i gesuiti. Particolarmente sentito sarà l’incontro con i sacerdoti anziani e ammalati, tra cui l’ex superiore generale dei gesuiti padre Adolfo Nicholas, suo coetaneo, che abita lontano e verrà appositamente per salutarlo. Il Papa ritroverà anche padre Juan Haidar e padre Renzo De Luca, suoi allievi argentini quando era rettore del seminario a Buenos Aires.

“Sarà un incontro molto familiare”,

confida padre Sakuma. Poi terrà un discorso nell’aula magna con 700 giovani, più altri 100 docenti e invitati. Con gli studenti della Sophia University aveva già avuto modo di parlare in videochiamata dal Vaticano a Tokyo il 18 dicembre dell’anno scorso, una tranquilla conversazione con domande e risposte a braccio.

Nell’ufficio del rettorato si è accolti con i soliti inchini cortesi e le tazze di porcellana con il tè verde. Le segretarie hanno esposto due simpatici bambolotti che raffigurano Gesù e Papa Francesco, in perfetto stile nipponico. Il cancelliere Sakuma confida che non si aspettava una visita così presto, anche se sapeva dell’invito ufficiale del governo e dei vescovi. “Dopo il triplice disastro del 2011 di Fukushima, lo tsunami e il terremoto ora il Giappone si è un po’ tranquillizzato – dice -. Però sappiamo che intende lanciare un forte messaggio contro le armi atomiche e l’uso del nucleare. Con l’invito a proteggere tutta la vita, degli esseri umani e della natura, nello stesso modo”.

I giovani e il vuoto per la mancanza di senso. Per descrivere il Giappone padre Sakuma cita Madre Teresa di Calcutta: “Un Paese ricco materialmente ma spiritualmente molto povero”. I giovani, a causa del consumismo e del materialismo, non trovano il senso e lo scopo della propria vita.

“Possono fare tutto ma il loro cuore è vuoto”,

ammette il gesuita: “Questo sistema economico materialista separa le persone. Tanti giovani si sentono isolati”.

Uno staff di counselor e psicologi per aiutare i giovani. Il riferimento al fenomeno dei 500.000 “hikikomori” che si autorecludono in casa è immediato. “Sta aumentando l’età media.

Ora si isolano perfino i trentenni. Alcuni rimangono anche 20 anni chiusi in casa,

non riescono a relazionarsi con gli altri, se non attraverso il computer e il telefonino”. Non è estraneo agli ambienti universitari nemmeno il tema dei suicidi giovanili, soprattutto tra chi fatica o non ce la fa a completare gli studi. Per questo lo staff mette a disposizione alcuni counselor e centri per la salute mentale, oltre a promuovere studi tramite il dipartimento di psicologia.

Molti non sanno chi è Papa Francesco. La maggior parte degli studenti non sono cattolici quindi non sanno bene chi è Papa Francesco. “Sperano di incontrare una persona di valore. Sicuramente saranno toccati dal suo messaggio”, afferma padre Sakuma. In vista del 26 novembre l’ateneo ha organizzato tre simposi preparatori con ospiti internazionali. Il suo auspicio finale è profondamente gesuita: “Spero che incontrando il Papa comprendano la bellezza di diventare uomini e donne per gli altri e con gli altri”.

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