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Acquaviva Picena, Rachele Capriotti (sorella di don Antonio) è tornata alla Casa del Padre

ACQUAVIVA PICENA Rachele Capriotti, sorella di don Antonio Capriotti per molti anni parroco a Ripatransone, e di suor Anna Giuseppina, è tornata alla Casa del Padre.
Nata ad Acquaviva Picena nel 1930, da una famiglia molto religiosa e generosa, circondata dall’affetto dei suoi genitori e di numerosi fratelli e sorelle, Rachele era conosciuta da tutti in paese come una donna forte e dalla fede incrollabile, aperta e generosa, una donna che sapeva “tenere in mano” la sua vita e che sapeva affrontare con abbandono fiducioso nelle mani del Signore, tutte le difficoltà che si presentavano. La nipote, Lucia Capriotti, ha salutato la zia Rachele con queste parole: “Avrebbe compiuto novanta anni il prossimo mese di febbraio e già aveva in mente di organizzare la festa con nipoti e pronipoti, era così Rachele, da sempre: guardava avanti. Il Signore l’ha chiamata lo scorso 8 ottobre a raggiungere la vita senza fine. Ha sempre affrontato la vita con entusiasmo e decisione, con la forza dell’amore e della fede che aveva ricevuto anzitutto dai genitori. Da giovanissima aveva deciso di non sposarsi, ma ha sempre generato vita, perché si è donata con generosità. Anzitutto ai genitori, perduti quando era ancora giovane; e alle sue due sorelle e ai quattro fratelli, che poi avevano allargato al famiglia. Adolescente, aveva imparato il lavoro di magliaia e faceva dei capolavori. Aveva tredici anni, quando in famiglia acquistarono la macchina da maglie per lei: trecento mila lire, durante la guerra, che lei estinse lavorando sodo. Quando tra fratelli divisero l’eredità, lasciarono a lei la casa dei genitori, perché restasse per tutti, in particolare per suor Anna Giuseppina e per don Antonio, un punto di riferimento, il luogo dove ritrovarsi in famiglia. E la porta di quella casa, come il cuore di Rachele, sono rimasti sempre aperti. Siamo cresciuti tutti in quella casa. Era naturale ritrovarci lì.

Là dove la sorella aveva portato il fidanzato e i fratelli le fidanzate, la stessa cosa hanno fatto i nipoti e le nipoti. In quella casa, che lei condivideva con un fratello e la sua famiglia, arrivavano spessissimo – e obbligatoriamente a Pasqua e a Natale – tutti gli altri, compresi i confratelli di don Antonio e le consorelle di suor Anna Giuseppina. Quando la malattia e l’anzianità hanno reso più fragili le sue cognate, le voleva spesso in casa, per offrire le sue cenette, per distrarle e coccolarle un po’. Per ventuno anni ha assistito la cognata Giuditta colpita dal morbo di Alzheimer: “Abbiamo sempre vissuto insieme, per me è più di una sorella” diceva. Pian piano, sorelle e fratelli e cognati, se ne sono andati. Le era rimasto solo don Antonio, malato e ricoverato in una struttura sanitaria, che lei andava a trovare. E ha continuato ad accogliere nipoti e pronipoti e anche le fidanzate di questi. Al suo funerale, i vicini, anche tanti giovani, dicevano come Rachele avesse sempre un sorriso, un saluto, una parola affettuosa per tutti. Negli ultimi anni, nella sua casa, si ritrovavano in tanti per tutto il mese di maggio a pregare il rosario. C’era Dio nel cuore di Rachele, per questo è stata una donna di comunione. Un segno. Un’eredità. Grazie zia Rachele, prega per noi”.

Patrizia Neroni: