“Anche i giudici possono essere santi”, ma per farlo è richiesto loro di percorrere “un cammino fatto di discesa agli inferi e di successiva ascesa alla Gloria”. A dirlo è stato l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, intervenuto ieri pomeriggio, all’Università Cattolica di Milano, al convegno dedicato alla figura del servo di Dio, Rosario Livatino, ucciso in Sicilia nel settembre 1990.
“La prima – ha affermato mons. Delpini – è la capacità del giudice di riconoscere la persona, la sua dignità e non solo il delitto”. Il secondo passo è rappresentato dalla capacità di “perseguire il principio della coerenza e non del successo”.
“Il giudice – ha detto l’arcivescovo – non cerca l’applauso del pubblico e l’approvazione degli organi di stampa. Non agisce per successo ma per coerenza”. Il giudice inoltre non persegue “interessi di parte” (3° passo), “mette al primo posto i diritti dei più deboli e non l’arroganza dei potenti” (4° passo). Infine, il magistrato santo “non persegue l’utopia, la rivoluzione, ma la giustizia possibile, il realismo. Fa onestamente il suo servizio percependo la distanza tra giustizia (con la ‘g’ minuscola) e la Giustizia che soltanto in un altro mondo è possibile realizzare” (5° passo). “Mi sembra – ha concluso mons. Delpini – che seguendo la vicenda del giudice Livatino si possa incoraggiare chi tra i magistrati cristiani desidera questa vocazione alla santità. Anche voi potete diventare santi!”.