DIOCESI – Grande festa in Cattedrale per il V anniversario dell’ordinazione episcopale di Mons. Carlo Bresciani (avvenuta a Brescia l’11 gennaio 2014) e per l’ordinazione diaconale del seminarista Silvio Giampieri.
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Il Vescovo Carlo Bresciani durante l’omelia ha affermato: “C’è solo un significato che può dare senso pieno alla vita umana: essa viene da un dono ed è chiamata farsi dono. È dono di Dio attraverso i genitori e trova il suo senso pieno quando si fa dono agli altri. Comprendere questo è comprenderne il segreto della vita umana, quello che in Gesù ci è stato rivelato. Vivere la vita donandola è l’unica via perché essa giunga alla sua pienezza.
Questo non è vero solo per il cristiano o per colui che viene chiamato da Dio a consacrasi nel ministero sacro: è la verità universale di ogni vita umana. Vale per chi si sposa, per chi resta celibe, per chi si consacra a Dio nel monastero, per chi diventa prete e per il vescovo. In questo senso, colui che dona se stesso a Dio nel sacro ministero per il servizio alla comunità degli uomini (non solo a coloro che già credono, perché Gesù manda i suoi in tutto il mondo, anche, e forse soprattutto, a coloro che non lo conoscono) non fa nulla di eccezionale o di eroico: vive la sua vita come vocazione, cioè fa ciò che dovrebbe fare ogni altro essere umano, perché la vita, ogni vita, è vocazione al dono di sé ad altri. La vita diventa ricca attraverso quello che di noi stessi doniamo. Certo, sono diversi gli stati di vita e i modi in cui questo dono di noi stessi può trovare realizzazione; ma, se manca questo, la vita umana va inevitabilmente verso il suo fallimento.
Ciò significa che non basta diventare preti, frati o monache o anche sposarsi per avere una vita felice. Tanto più manca questa capacità di donarsi, tanto più la vita diventa spiritualmente striminzita, avvizzita e non di rado anche acida con sé e con gli altri: non importa in quale stato, religioso o secolare, sia vissuta. Può essere un fallimento la vita del prete, come lo può essere quella di uno sposato, di un celibe o di un vescovo. Ci sono preti che sono dei falliti umanamente (le cronache ce ne parlano), come ci sono sposati che sono nella stessa condizione.
Nessuno stato di vita ci garantisce e ci esonera dal donare noi stessi, nonostante il male che c’è (e ci sarà sempre!) nel mondo: non c’è stato di vita che ci esoneri da questa verità, dalle fatiche e dalle sofferenze anche acute che a volte tutto ciò comporta. Non sempre è facile e spontaneo donarsi, soprattutto quando non si è capiti e si è rifiutati, si è maltrattati o semplicemente ignorati. Allora subentra la tentazione della chiusura su se stessi, dell’abbandono deluso e arrabbiato oppure la ricerca di compensazioni e fughe di vario tipo (ce ne sono sempre molte a portata di mano): tutte illusioni che non farebbero altro che certificare il fallimento della vita.
Ogni stato di vita ha le sue consolazioni e le sue sfide: noi vorremmo le une senza le altre, ma ciò presuppone una realtà che non esiste e cioè che il male in noi e negli altri sia già stato totalmente vinto e che sia possibile vincerlo con una logica diversa da quella della croce da portare come l’ha portata Gesù: per amore! Così non è. Tutti ci troviamo di fronte a un male dentro e fuori di noi da combattere e vincere e ciò comporta quella lotta spirituale di cui parlava san Paolo (cfr. Ef 6, 10-20). Come ogni lotta, questa lotta spirituale lascia anche delle ferite, che fanno sempre male, perché nessuno è insensibile.
Caro Silvio, attraverso l’ordine del diaconato che tra poco in nome di Dio ti conferirò, anche tu sei mandato a sostenere questa lotta per te stesso, innanzitutto, e poi per coloro ai quali sarai mandato dalla Chiesa. Che cosa ti promette Gesù nel momento in cui ti affida questo mandato e che tu questa sera davanti alla comunità liberamente accetti? Che ti starà a fianco sempre: “io sarò con te, tutti i giorni” (cfr. Mt, 28, 20) e che alla fine, a chi è stato suo servo fedele, egli darà la vita eterna. Ma non ti toglierà dal mondo, non ti toglierà dalle fatiche della vita, innanzitutto, e poi da quelle specifiche del ministero che ti viene affidato, non ti toglierà dalle incomprensioni degli uomini (nel Vangelo a un certo punto egli parla anche delle incomprensioni del padre, della madre e dei fratelli, figuriamoci dagli altri), non ti promette che incontrerai solo bontà e comprensione. Non le ha incontrate lui e non ha mai promesso che i suoi incontreranno solo queste.
Incontrerai nientemeno che quello che ogni essere umano da sempre incontra, dentro e fuori la Chiesa, perché Dio non ci toglie dalla vita nella sua realtà e dal male che l’affligge. La Chiesa non ti promette un mondo diverso, che non esiste su questa terra: in questo non ti illude. Sarà qui che dovrai vivere ogni giorno la tua vita come un dono di te stesso, perché solo così troverai pace, porterai pace e troverai le consolazioni che solo Dio sa dare. Dovrai imparare sempre di nuovo a fare della tua vita un dono anche a chi ti fa del male, o a te parrà che sia così. Così ha fatto il primo martire, il diacono santo Stefano. Ogni giorno avrà la sua sfida e le sue tentazioni di chiusura e di fuga di fronte alle varie ferite, ma con l’aiuto del Signore è possibile continuare a donare se stessi e solo così troverai quella vita in abbondanza che lui ha promesso a chi lo segue (cfr. Gv 10, 10), troverai il tesoro nascosto per cui vale la pena donare la vita.
L’ordine del diaconato, che tra poco ti conferirò, non è solo una missione che Gesù ti affida, contiene anche una sua solenne promessa, proprio come quella che ha fatto ai suoi apostoli: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20).
Il comando è: “andate”; lo spazio è: “tutte le nazioni”, cioè tutto il mondo; la missione è: “annunciare il Vangelo” con la parola e la vita vissuta conformemente al Vangelo; la promessa è: “io sarò con voi”, sempre!
Questo è quanto dice e promette anche a te questa sera il Signore Gesù mentre accoglie con immenso amore l’offerta della tua vita alla sua sposa la Chiesa. E tanto ti basti, caro Silvio. È tutto quello che hanno avuto gli apostoli e ogni cristiano che ha donato la propria vita: hanno trovato nientemeno che la loro felicità.
Prego perché su questa strada la trovi anche tu”.

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